Un progetto dell’Università del Piemonte Orientale dedicato alle donne per diagnosticare precocemente la CBP, migliorare la loro qualità di vita e definire un modello per la sanità regionale e nazionale. Realizzato grazie al Fellowship Program 2025 di Gilead Sciences, concorso nazionale per enti di ricerca e cura.
Si tratta di una rara e ancora poco studiata malattia del fegato.
Diagnosticare precocemente la Colangite Biliare Primitiva – rara malattia del fegato – nelle donne novaresi a più alto rischio ricoverate presso l’Azienda Ospedaliero- Universitaria (AOU) Maggiore della Carità. Con un triplice obiettivo: evitare le conseguenze più gravi della malattia – dalla cirrosi epatica al trapianto di fegato –, garantire una migliore qualità di vita e mettere a punto un modello di diagnosi precoce, economicamente sostenibile e facilmente replicabile in altri contesti sanitari, regionali e nazionali.
Sono gli obiettivi del progetto “Diagnosi precoce di CBP nelle donne: uno screening mirato in ospedale” riservato alle donne di Novara tra i 40 e i 70 anni che verranno ricoverate a partire dai prossimi mesi e per tutto il 2026 nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria della città. Il progetto, ideato e coordinato dalla Professoressa Cristina Rigamonti, Docente di Gastroenterologia presso il Dipartimento di Medicina Traslazionale dell’Università del Piemonte Orientale (UPO) e
Responsabile degli Ambulatori di Epatologia dell’AOU, sarà realizzato grazie al finanziamento ottenuto nell’ambito del Fellowship Program 2025, Bando di concorso nazionale promosso in Italia dalla società biofarmaceutica Gilead Sciences e riservato a Enti di ricerca e cura nell’area delle malattie del fegato, infettive, oncologiche ed ematologiche.
La Colangite Biliare Primitiva (CBP) è una malattia epatica autoimmune relativamente rara che colpisce prevalentemente le donne tra i 40 e i 60 anni. In Italia sono affette da questa epatopatia circa 28 persone ogni 100mila abitanti e ogni anno ricevono nuova diagnosi di CBP circa 5 pazienti ogni 100mila abitanti 1 . Nelle fasi iniziali la malattia può essere asintomatica. Quando i sintomi iniziano a manifestarsi – in particolare prurito e stanchezza debilitante e permanente – vengono difficilmente ricondotti alla presenza della patologia, nonostante possano esserci valori sospetti negli esami di laboratorio.
Tutto ciò favorisce una diagnosi tardiva della malattia – il problema principale della CBP – che avviene invece spesso quando i sintomi diventano più severi, tali da aver già compromesso la qualità di vita o quando ormai il danno epatico è in fase avanzata.
“E’ fondamentale poter riconoscere precocemente la presenza della malattia per intervenire con le nuove terapie oggi a disposizione che consentono di alleviarne i sintomi e soprattutto evitare una sua progressione verso fibrosi e cirrosi epatica con la eventuale necessità del trapianto di fegato – sottolinea Cristina Rigamonti. – Oggi disponiamo delle conoscenze e degli strumenti per poter diagnosticare con certezza e precocemente la presenza della malattia e poter quindi metter in atto interventi terapeutici a beneficio di chi è affetto da Colangite Biliare Primitiva. Si tratta di un’esigenza molto concreta e sentita nella pratica clinica degli epatologi a livello nazionale”.
Il progetto – che verrà avviato nel 2025 e sarà realizzato per tutto il 2026 – prevede lo screening con esami di laboratorio a basso costo per tutte le donne tra i 40 e i 70 anni – gruppo a rischio elevato – afferenti all’AOU in regime di ricovero ordinario. Particolare attenzione verrà data alle donne asintomatiche o con sintomi lievi non specifici, nelle quali rilevare la patologia con tempestività potrebbe portare a maggiori benefici a lungo termine.
Attraverso questionari validati scientificamente proposti alle donne con nuova diagnosi di CBP
verrà, inoltre, valutato l’impatto dei sintomi soggettivi più invalidanti, tra cui prurito e stanchezza, che tanto condizionano la qualità di vita di chi è colpito da questa patologia, dato di cui ancora non si ha piena consapevolezza nella pratica clinica. Grazie ai risultati finali, infine, potrà migliorare la stima sulla prevalenza reale di questa patologia, non ancora pienamente nota proprio a causa della natura asintomatica.