Santino Vanzaghi, nato il 1° novembre 1925, trascorse la giovinezza in un periodo difficile della storia italiana. Lavorava come linotipista, mestiere di grande precisione e responsabilità: si occupava della composizione delle pagine dei giornali con caratteri mobili in piombo, un’arte oggi quasi scomparsa.
La deportazione
Durante la Seconda guerra mondiale, a soli 18 anni, rifiutò di arruolarsi nell’esercito e per questo fu deportato in Germania, dove rimase fino ai 21 anni. Trascorse quel periodo in un campo di concentramento, costretto a lavorare in una fabbrica nei pressi di Monaco di Baviera, nel campo di Mauthausen, vivendo condizioni durissime.
Dopo la fine della guerra riuscì a tornare in Italia, dove ricostruì la propria vita con coraggio e dignità. Si sposò con Antoniazza Arveda, con la quale ebbe due figli, Oriana e Rinaldo.
Stabilitosi a Verbania, trovò impiego presso la Montecatini, dove lavorò con competenza e dedizione fino a diventare responsabile della filatura.
La vita di Santino Vanzaghi testimonia la forza e la tenacia di un’intera generazione che, dopo aver conosciuto la sofferenza della guerra e della deportazione, contribuì con il proprio lavoro e il proprio impegno alla rinascita del Paese. “Santino è un pezzo prezioso di storia del Paese, un motivo di orgoglio profondo. Ha conosciuto l’inferno e ha scelto comunque il bene, di costruire un futuro migliore per le generazioni future. Santino è l’esempio che dobbiamo far conoscere ai nostri ragazzi e sono grata, a nome di tutta l’Amministrazione, di aver potuto festeggiare i suoi cent’anni”, Katiuscia Zucco, assessore alle Politiche sociali che ha preso parte alla festa per i cent’anni del signor Vanzaghi.
