«Dignità del lavoro e più investimenti per un Paese migliore»

Susanna Camusso (in foto), leader Cgil, oggi sarà a Novara nell’ambito della campagna referendaria sui voucher e appalti: alle 14.30 a San Pietro Mosezzo visita presso la fabbrica tessile In.co del Gruppo Zegna, alle 15.30 in piazza della Repubblica a Novara, per un dibattito pubblico con la presenza di associazioni e cittadinanza.
«Fintanto che quel provvedimento del Governo non sia definitivamente convertito in legge dal Parlamento e tale conversione non sia avvenuta senza modificazioni che possano alterarne la sostanza, rendendolo non più rispondente ai quesiti referendari, i referendum del 28 maggio restano in piedi. Parlo al plurale perché vorrei ricordare che i referendum sono due e che chiediamo due sì per l’abolizione dei voucher e per l’introduzione della responsabilità solidale delle imprese».
Ma l’abolizione dei voucher crea un problema a diverse categorie produttive.
«Non sono d’accordo. Noi abbiamo chiesto l’abolizione dei voucher perché essi si sono dimostrati essere una nuova brutale forma di precariato, un modo per eludere i contratti e rompere il legame di responsabilità tra datore di lavoro e prestatore d’opera. A coloro che protestano e alzano la voce, basta ricordare come, già oggi, la legislazione vigente consenta loro di poter ricorrere a un vasto e variegato panorama di opzioni contrattuali alternative».
I voucher, però, li ha usati anche la Cgil...
«Li ha usati per i pensionati, mai per chi lavora. Se, invece, si guarda l’età media dei voucheristi essa è oggi di 36 anni: questo significa che il ricorso al voucher è avvenuto rilevantemente come sostitutivo dei contratti di lavoro regolari. I voucher sono stati annunciati come strumento per fare emergere il lavoro nero, mentre, dati alla mano, hanno finito per diventare lo strumento che, invece, ha fatto sommergere in molte situazioni anche quel lavoro che prima c’era e che era strutturato con rapporti ad hoc. È un po’ come la storia dell’articolo 18, la cui abolizione avrebbe dovuto attirare in Italia gli investimenti esteri e stimolare le nuove assunzioni. Mi risulta che, invece, a crescere improvvisamente e in modo accelerato siano stati solo i licenziamenti disciplinari, magari usati troppe volte per gestire le crisi aziendali».
Cgil ha anche raccolto circa un milione e 200 mila firme nell’ambito dell’esercizio dell’iniziativa legislativa popolare, presentando un progetto di legge redatto in articoli: la “Carta dei diritti universali del lavoro”. Quale ne è la filosofia ispiratrice?
«Una riscrittura della disciplina del lavoro sotto il profilo dei diritti, mettendo al centro la dignità del lavoratore e partendo da quel concetto di uguaglianza che aiuti a superare la frammentazione che il lavoro, complice il processo di destrutturazione degli ultimi anni, ha conosciuto. È una Carta che pone i diritti in capo alle persone, non più alla tipologia lavorativa e punta alle tutele di tutti i lavoratori e che quindi guarda anche ai lavoratori parasubordinati, agli autonomi, a professionisti e atipici, ai lavoratori flessibili, precari e discontinui».
Quale Paese vede girando per l’Italia?
«Un Paese che sconta un ritardo tecnologico che, per quota parte, va imputato anche alle stesse imprese che pure parlano di competitività e di crescita. Perché è vero che sono fermi gli investimenti pubblici, ma anche quelli privati sono purtroppo al palo. Se si eccettua un terzo delle imprese che hanno spinto sull’acceleratore degli investimenti in innovazione, le altre non l’hanno fatto».
Ai lavoratori e agli imprenditori di Biella e di Novara che cosa dirà oggi?
«Ai lavoratori chiederò di non smettere di lottare, mobilitandosi per difendere la dignità del loro lavoro. Agli imprenditori, chiederò di essere coraggiosi, mobilitandosi per investire sulla qualità del lavoro, sull’innovazione dei processi, sulla crescita dimensionale. Sono, a loro modo, due forme diverse di mobilitazione, ma dalla cui sinergia può nascere un Paese migliore».
Susanna Camusso (in foto), leader Cgil, oggi sarà a Novara nell’ambito della campagna referendaria sui voucher e appalti: alle 14.30 a San Pietro Mosezzo visita presso la fabbrica tessile In.co del Gruppo Zegna, alle 15.30 in piazza della Repubblica a Novara, per un dibattito pubblico con la presenza di associazioni e cittadinanza.
«Fintanto che quel provvedimento del Governo non sia definitivamente convertito in legge dal Parlamento e tale conversione non sia avvenuta senza modificazioni che possano alterarne la sostanza, rendendolo non più rispondente ai quesiti referendari, i referendum del 28 maggio restano in piedi. Parlo al plurale perché vorrei ricordare che i referendum sono due e che chiediamo due sì per l’abolizione dei voucher e per l’introduzione della responsabilità solidale delle imprese».
Ma l’abolizione dei voucher crea un problema a diverse categorie produttive.
«Non sono d’accordo. Noi abbiamo chiesto l’abolizione dei voucher perché essi si sono dimostrati essere una nuova brutale forma di precariato, un modo per eludere i contratti e rompere il legame di responsabilità tra datore di lavoro e prestatore d’opera. A coloro che protestano e alzano la voce, basta ricordare come, già oggi, la legislazione vigente consenta loro di poter ricorrere a un vasto e variegato panorama di opzioni contrattuali alternative».
I voucher, però, li ha usati anche la Cgil...
«Li ha usati per i pensionati, mai per chi lavora. Se, invece, si guarda l’età media dei voucheristi essa è oggi di 36 anni: questo significa che il ricorso al voucher è avvenuto rilevantemente come sostitutivo dei contratti di lavoro regolari. I voucher sono stati annunciati come strumento per fare emergere il lavoro nero, mentre, dati alla mano, hanno finito per diventare lo strumento che, invece, ha fatto sommergere in molte situazioni anche quel lavoro che prima c’era e che era strutturato con rapporti ad hoc. È un po’ come la storia dell’articolo 18, la cui abolizione avrebbe dovuto attirare in Italia gli investimenti esteri e stimolare le nuove assunzioni. Mi risulta che, invece, a crescere improvvisamente e in modo accelerato siano stati solo i licenziamenti disciplinari, magari usati troppe volte per gestire le crisi aziendali».
Cgil ha anche raccolto circa un milione e 200 mila firme nell’ambito dell’esercizio dell’iniziativa legislativa popolare, presentando un progetto di legge redatto in articoli: la “Carta dei diritti universali del lavoro”. Quale ne è la filosofia ispiratrice?
«Una riscrittura della disciplina del lavoro sotto il profilo dei diritti, mettendo al centro la dignità del lavoratore e partendo da quel concetto di uguaglianza che aiuti a superare la frammentazione che il lavoro, complice il processo di destrutturazione degli ultimi anni, ha conosciuto. È una Carta che pone i diritti in capo alle persone, non più alla tipologia lavorativa e punta alle tutele di tutti i lavoratori e che quindi guarda anche ai lavoratori parasubordinati, agli autonomi, a professionisti e atipici, ai lavoratori flessibili, precari e discontinui».
Quale Paese vede girando per l’Italia?
«Un Paese che sconta un ritardo tecnologico che, per quota parte, va imputato anche alle stesse imprese che pure parlano di competitività e di crescita. Perché è vero che sono fermi gli investimenti pubblici, ma anche quelli privati sono purtroppo al palo. Se si eccettua un terzo delle imprese che hanno spinto sull’acceleratore degli investimenti in innovazione, le altre non l’hanno fatto».
Ai lavoratori e agli imprenditori di Biella e di Novara che cosa dirà oggi?
«Ai lavoratori chiederò di non smettere di lottare, mobilitandosi per difendere la dignità del loro lavoro. Agli imprenditori, chiederò di essere coraggiosi, mobilitandosi per investire sulla qualità del lavoro, sull’innovazione dei processi, sulla crescita dimensionale. Sono, a loro modo, due forme diverse di mobilitazione, ma dalla cui sinergia può nascere un Paese migliore».