Economia

Cereali in crisi: tra costi record e prezzi in caduta, agricoltori al limite della sostenibilità

Le attese per un raccolto di 6,4 milioni di tonnellate rischiano di ridursi del 10% a causa delle recenti grandinate

Cereali in crisi: tra costi record e prezzi in caduta, agricoltori al limite della sostenibilità

Il monitoraggio di ISMEA conferma quanto Cia e gli imprenditori agricoli denunciano da anni: i costi di produzione dei cereali superano stabilmente i prezzi di listino delle borse merci, e dunque gli agricoltori lavorano in perdita, una condizione ormai insostenibile

L’indagine

Lo scorso 30 settembre un ente pubblico autorevole, vigilato dal Ministero dell’Agricoltura – l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA) – ha pubblicato il monitoraggio dei costi medi di produzione in agricoltura per il frumento tenero e il frumento duro.

Un lavoro importante, sollecitato anche da Cia Agricoltori Italiani, che da tempo chiede trasparenza sul tema, anche attraverso mobilitazioni e una raccolta firme che ha visto l’adesione di oltre 75.000 cittadini.

Il monitoraggio di ISMEA conferma quanto Cia e gli imprenditori agricoli denunciano da anni: i costi di produzione dei cereali superano stabilmente i prezzi di listino delle borse merci, e dunque gli agricoltori lavorano in perdita, una condizione ormai insostenibile.
Secondo ISMEA, i costi medi di produzione del grano duro nel Centro-Nord si attestano attorno a 1.400 euro per ettaro, con un costo per tonnellata di circa 302 euro, a fronte di quotazioni di borsa intorno ai 280 euro: evidente il margine negativo.

Situazione analoga per il grano tenero, i cui costi medi di produzione sono di circa 1.400 euro/ha. Con rese di 50 q.li/ha e un prezzo medio di 23 €/q.le, si arriva a circa 1.150 euro per ettaro, anche qui con un risultato in perdita.

Per il grano duro, base della pasta – eccellenza del made in Italy e simbolo della cucina italiana, candidata a Patrimonio mondiale dell’Umanità UNESCO – l’import dall’estero copre ormai il 45% del fabbisogno dell’industria. Prezzi così bassi rischiano di far abbandonare altre superfici coltivate, con pesanti ricadute economiche, sociali, ambientali e paesaggistiche.
Analogo scenario per il grano tenero, alla base di farina, pane, pizza, biscotti e prodotti da forno: le superfici coltivate sono scese sotto i 500.000 ettari, record negativo storico, e l’import copre circa il 70% del fabbisogno nazionale.

Il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, dopo la pubblicazione dei dati ISMEA, ha scritto a tutti i commissari delle borse merci in quota Cia e ai rappresentanti della Commissione Unica Grano Duro, invitandoli a non quotare il grano al di sotto dei costi medi di produzione rilevati da ISMEA. Prosegue inoltre l’impegno della Confederazione per garantire un corretto funzionamento del registro telematico delle giacenze (Granaio Italia) e una maggiore trasparenza sui prezzi e sull’import.

Cia Agricoltori Italiani ha accolto positivamente il lavoro di ISMEA, chiedendo però che il monitoraggio continui attraverso un percorso condiviso con gli agricoltori, poiché i costi reali in campo risultano spesso superiori alle stime ufficiali. Lo stesso metodo andrebbe esteso anche ad altre colture strategiche, come mais e riso, prodotti cardine della pianura padana.

Per il mais, base di molte produzioni DOP e IGP (settori lattiero-caseario, salumi, carni), le superfici si sono ridotte a poco più di 500.000 ettari, contro il milione di vent’anni fa. Le produzioni si attestano su 500.000 tonnellate, a fronte di un fabbisogno di 1,2 milioni di tonnellate, con un tasso d’importazione del 60%.

Per il riso, l’Italia resta di gran lunga il principale produttore europeo, con circa il 50% della produzione UE e il 90% concentrato tra Pavia, Vercelli e Novara. Siamo primi anche per superfici seminate, export, sostenibilità ambientale, biodiversità e gestione delle acque, oltre che per la qualità e il valore paesaggistico delle risaie, soprattutto nel periodo dei mosaici e gli specchi d’acqua che danno vita al fenomeno del “mare a quadretti”.

Nel 2025 le superfici a riso dovrebbero raggiungere 235.000 ettari, in aumento di oltre 9.000 ettari (+4%) rispetto al 2024, invertendo la tendenza negativa degli ultimi anni. L’aumento riguarda in particolare le varietà “lunghi A”, con una lieve crescita dei “lunghi B”, mentre calano “tondi” e “medi”.

“L’aumento di superfici per il riso è condizionato sicuramente, e purtroppo, anche dalla scarsa redditività di colture alternative come Mais e Soia.” ricorda Carlo Emilio Zucchella, Presidente di Cia Pavia.

Le attese per un raccolto di 6,4 milioni di tonnellate rischiano però di ridursi del 10% a causa delle recenti grandinate. Anche qui i prezzi di mercato restano bassi, mentre i costi di produzione sono ormai al limite della sostenibilità. L’import dai Paesi EBA, esente da dazi, mette ulteriore pressione sul mercato interno, e preoccupano gli accordi di libero scambio con India e Paesi del Mercosur, che potrebbero aggravare la situazione con nuovi ribassi.

Cia Agricoltori Italiani, anche in occasione della manifestazione “Risò” a Vercelli alla presenza del ministro Lollobrigida, ha ribadito la necessità di applicare una clausola di salvaguardia a difesa del riso italiano, per tutelare produttori e territorio da forme di import selvaggio.