Si è concluso martedì 30 settembre al tribunale di corso Europa a Pallanza, il processo nei confronti di tre uomini e una donna, tutti di origine sudamericana e residenti nel Verbano, accusati di stupro di gruppo.
I fatti
Nel corso della penultima udienza, lo scorso 16 settembre, a conclusione della sua requisitoria in aula il pubblico ministero Fabrizio Argentieri aveva chiesto 32 anni complessivi di carcere, otto per ognuno degli imputati. L’altro giorno il gup Mauro D’Urso li ha riconosciuti colpevoli dell’episodio del 2022, condannandoli a 6 anni e 8 mesi ciascuno: hanno usufruito dello sconto di un terzo della pena derivante dalla scelta del rito abbreviato (la pena massima prevista dal codice per questo reato è 14 anni, il giudice è partito da 10).
Possibile, ora, nel giro delle prossime due settimane l’impugnazione della sentenza di primo grado da parte dei legali della difesa: Paolo Ricci, Melania Ruberto, Sabrina Cane, Luca Molino e Canio Di Milia, a detta dei quali non vi sono prove certe. A denunciare la violenza ai carabinieri, avvenuta su una spiaggetta del lungolago di Stresa nella notte tra il 24 e il 25 giugno di tre anni fa, era stata la vittima, una ragazza all’epoca 19enne, anch’essa del Sud America e amica dei quattro. Secondo il principale imputato, un ventiduenne originario del Perù, si era trattato di un rapporto consensuale tra persone adulte.
Un rapporto, peraltro, risultato non protetto con l’amica, e per questo motivo successivamente a quella notte l’aveva contattata tramite un messaggio invitandola ad assumere la pillola anticoncezionale. Di diversa opinione gli inquirenti, secondo cui il quartetto, donna compresa, era stato compartecipe di quello stupro di gruppo (aggravato dall’inferiorità fisica e psichica della vittima). Tutti, insomma, avrebbero avuto un ruolo.
Quella sera d’estate, secondo l’inchiesta coordinata dalla allora procuratrice capo Olimpia Bossi e dalla sostituta Laura Carrera – alle indagini parteciparono anche i Ris dei carabinieri Parma per l’analisi del Dna recuperato dai campioni biologici raccolti tramite l’allora 19enne che non aveva, però, permesso di individuare chi avesse avuto rapporti sessuali –, il gruppetto sarebbe prima stato in alcuni locali del territorio a bere, pare parecchio, e ballare, e poi al lido Blu di corso Umberto I, che in quel momento era chiuso. E lì, tra le 2 e le 4, era avvenuta la violenza.
Si è parlato di rapporti sessuali plurimi. Al pronto soccorso, va ricordato, i medici riscontrarono una ecchimosi all’utero, compatibile con un rapporto un po’ rude. I tre uomini hanno 21, 36 e 38 anni, mentre la donna 33. Il giudice D’Urso li ha ritenuti tutti colpevoli e senza il riconoscimento delle attenuanti generiche. Poi ha accordato un risarcimento provvisionale di 50 mila euro, la stessa somma che era stata richiesta dalla parte civile, e trasmesso gli atti alla procura per i due testi sentiti dagli avvocati della difesa, che avrebbero dichiarato il falso. Dopo l’episodio la ragazza ha lasciato Stresa, ed oggi vive altrove.