Verso l'udienza

Uccise il figlio: padre a processo a Novara

L’episodio lo scorso gennaio, quando il giovane fu colpito con due fucilate: il 64enne rischia l'ergastolo

Uccise il figlio: padre a processo a Novara

Uccise il figlio a fucilate a Ornavasso a gennaio. Per Edoardo Borghini, 64 anni, deciso il processo il 10 ottobre alle 10 in Corte d’Assise a Novara.

Uccise il figlio: padre a processo a Novara

Il 64enne è accusato di aver ucciso con un fucile da caccia, due colpi esplosi al fianco destro che hanno prodotto danni irrimediabili, al figlio Nicolò, di 34 anni. Il delitto era avvenuto lo scorso 19 gennaio nella villetta di famiglia a Ornavasso.

La pm di Verbania Laura Carrera ha chiesto e ottenuto dalla gip Rosa Maria Fornelli il giudizio immediato. Borghini, a quanto pare reo confesso, difeso dall’avvocato Gabriele Pipicelli, si trova ai domiciliari a casa del fratello dal giorno dopo l’accaduto e ora rischia l’ergastolo per omicidio aggravato.

Gli esiti delle indagini

Le indagini della procura e dei carabinieri dei Ris di Parma si erano chiuse di recente, ed erano emersi i primi particolari, corroborati dalle perizie. Secondo il referto autoptico quella sera attorno alle 22 il tasso alcolemico della vittima sarebbe stato alto: quasi 2,5 grammi di alcol per litro. Per gli inquirenti un tasso che sarebbe compatibile con un atteggiamento aggressivo.

Secondo la perizia balistica, poi, il giovane sarebbe stato raggiunto da due colpi a distanza molto ravvicinata e la morte sarebbe stata immediata.

La ricostruzione di quella notte

Stando a quanto sin qui emerso, appena prima di essere ucciso dal padre, Nicolò stava provando a entrare nella stanza nella quale la madre aveva cercato riparo, dopo essere stata colpita e ferita proprio dal figlio.

Il giovane era rientrato a casa dopo avere trascorso la serata fuori in compagnia di un amico e si era a quanto pare innervosito per avere trovato il portone del garage. Per questo avrebbe avuto un diverbio coi genitori, presto degenerato in violenze fisiche: avrebbe aggredito i genitori, entrambi feriti, in particolare la madre, colpita ripetutamente. Poi quei due colpi fatali esplosi in simultanea dal padre nel corridoio di casa con un fucile a canne sovrapposte da 12 mm, un “Franchi Variant”, regolarmente detenuto. I proiettili hanno colpito cuore e fegato del figlio, non dandogli scampo.

Pipicelli ha fatto sapere che il suo assistito è profondamente afflitto e che mai è stato animato dall’intento di uccidere il proprio figlio. Davanti alla Corte d’Assise il legale proverà dunque a far emergere tutte le circostanze rilevanti per escludere, tra l’altro, la pena dell’ergastolo.

Va ricordato, al riguardo, che viene contestata l’aggravante del rapporto di consanguineità tra imputato e vittima, che prevede come pena massima l’ergastolo appunto. Ma la difesa, così emerge, punterà sulle attenuanti, sull’esasperazione per questi comportamenti non nuovi, per il timore che quell’accesso d’ira potesse nuocere alla mamma e non solo. E sul fatto che Nicolò, che a sua volta aveva una “insufficienza mentale lieve” accompagnata da un “disturbo dell’umore caratterizzato da difficoltà di controllo della sfera delle pulsioni”, fosse ubriaco e pericoloso