Torturarono e uccisero un pusher a Pombia: testimonierà uno dei complici
Dopo un periodo di latitanza, uno dei complici di quell'episodio tornerà in Italia e comparirà di fronte ai giudici
Torturarono e uccisero uno spacciatore nei boschi di Pombia: dopo un periodo di latitanza ora parlerà in tribunale uno dei presunti complici.
Continua il processo
Prosegue presso la Corte d’Assise di Novara il processo a tre pusher, parte di una gang, ritenuti responsabili del delitto avvenuto il 6 maggio 2022 nei boschi di Pombia, dove un loro amico era stato ammazzato nell’ambito, a quanto sembra, di una vendetta maturata all’interno delle bande di spacciatori di origine marocchina che operano nella zona. Rispondono di tortura, cui è conseguita la morte dell’uomo massacrato di botte, ed estorsione ai familiari della vittima. Il rinvio a giudizio dei tre – uno dei quali, il “capo posto”, si trova attualmente in carcere – da parte della gup di Novara Roberta Gentile, che aveva accolto la richiesta della pm Silvia Baglivo, è del giugno 2024.
Un agguato, poi le torture e l'assassinio
In aula, di recente, hanno raccontato il drammatico episodio gli investigatori della polizia di Varese che all’epoca si sono occupati del delitto e la pubblico ministero ha mostrato le fotografie della tortura durata, così è emerso, alcune ore. Per gli inquirenti, quel giorno di tre anni fa la gang avrebbe teso un agguato all’amico-conoscente, Achraf Zai, ventiquattrenne marocchino abitante a Corsico, colpevole di aver rubato loro una partita di droga del valore di circa 30 mila euro, probabilmente per mettersi in proprio: gli avrebbero portato via il suo cellulare, poi lo avrebbero legato ai polsi e percosso per ore, anche con pietre e bastoni, per poi trasportare e abbandonare il corpo, sfigurato e ormai irriconoscibile, in una piazzola di sosta in Lombardia. Il cadavere, lo ricordiamo, era stato trovato all’alba del 7 maggio 2022 sulla statale 336, nel Comune di Lonate Pozzolo. Achraf Zai aveva diversi tatuaggi e a identificarlo era stato il padre, che era stato chiamato dai seviziatori mentre stavano massacrando il figlio. Avevano tentato di estorcergli 27 mila euro. Le indagini sul delitto avevano condotto all’arresto di altri componenti della banda: 8 marocchini hanno già patteggiato, altri ancora saranno giudicati per competenza territoriale a Milano e Busto Arsizio.
In aula comparirà "Alui"
Due imputati sono già stati prosciolti perché risultati irreperibili e, di conseguenza, non a conoscenza del giudizio: sono gli effetti della riforma Cartabia. Davanti alla Corte, insieme al loro “capo”, i due complici: “Sbardila” e “Alui”. Quest’ultimo, e questa è la novità delle ultime settimane, ha fatto sapere di voler raccontare in aula la propria versione dei fatti. Va detto che si era rifugiato in Marocco nel periodo degli arresti. Tornerà in Italia. Comparirà a Palazzo Fossati, salvo sorprese, il prossimo 17 gennaio.