Sfruttamento della prostituzione ad Arona: due condanne
Sconteranno 4 anni e pagheranno una multa da 600 euro
Sfruttamento della prostituzione: condannati una donna di nazionalità ucraina e il suo compagno italiano.
Sfruttamento della prostituzione ad Arona
Per il reato di sfruttamento della prostituzione commesso ad Arona, una donna di nazionalità ucraina e il suo compagno italiano sono stati condannati a 4 anni e 600 euro di multa ciascuno e alla pena accessoria di 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. E’ quanto ha stabilito, a fine 2020, il collegio del tribunale di Verbania presieduto da Donatella Banci Buonamici e composto dai giudici a latere, Rosa Maria Fornelli e Annalisa Palomba. L’indagine svolta dalla procura di Varese era iniziata sei anni or sono, dopo la segnalazione giunta ai carabinieri da parte di una ragazza sudamericana che aveva rivelato l’esistenza di un giro di squillo gestito, così aveva raccontato, dalla coppia italo-ucraina residente in Lombardia. Era emerso che la donna risultava essere intestataria dei contratti d’affitto di due appartamenti siti in Arona e utilizzati, per pochi mesi del 2016, come luogo per incontri di sesso a quanto pare a pagamento. In seguito a una perquisizione domiciliare, i militari avevano rinvenuto della cocaina, che l’italiano aveva però dichiarato essere destinata all’uso personale. In aula gli imputati hanno così risposto di sfruttamento della prostituzione, detenzione a fini di spaccio di stupefacenti e di furto.
La decisione del tribunale
Il tribunale ha assolto l’ucraina e l’uomo da queste ultime due accuse, non dal reato più grave di sfruttamento della prostituzione. Il pubblico ministero Nicola Mezzina aveva chiesto al termine della sua requisitoria 4 anni e 3 mesi per tutti i capi d’imputazione. Secondo la difesa, la ragazza che aveva sporto denuncia non sarebbe stata totalmente credibile, visto che poi aveva praticamente ritrattato l’accusa, mentre le presunte squillo, sempre stando al legale, avrebbero agito in quei due appartamenti per libera scelta e senza essere costrette da nessuno. Il collegio giudicante non ha però dato credito a questa tesi, condannando la coppia.