Per Ilaria si spalancano le porte del carcere

Una udienza, quella di ieri in Cassazione (nella foto il “Palazzaccio”), che si è protratta fino al primo pomeriggio, poi una lunga camera di consiglio, e solo in tarda serata la sentenza, che pesa come un macigno su Ilaria Mortarini: confermata la condanna a 30 anni per concorso in omicidio volontario premeditato di Simona Melchionda, avvenuto nella notte fra il 6 e 7 giugno 2010 a Divignano. Stessa pena dell’esecutore materiale, l’allora carabiniere Luca Sainaghi, a sua volta già da tempo condannato in via definitiva. Ieri a Roma è solo caduta l’aggravante dei futili motivi, ovvero - par di capire, ma bisognerà attendere le motivazioni - stando alla Suprema Corte il quadro parrebbe più complesso: a spingere Ilaria a istigare Luca ad uccidere, dunque, non la “banale” gelosia. Ha resistito la premeditazione, cosa che per il complesso gioco fra aggravanti e attenuanti ha lasciato intatto il quantum della pena. In due parole: il quadro accusatorio ha retto, la Corte ha accolto la richiesta del procuratore di confermare i 30 anni, mentre la difesa - avvocati Luca Panzeri e Angela Riva - dopo aver giocato tutte le carte possibili per far se non cancellare la condanna almeno rivederla al ribasso (oppure ottenere un nuovo processo), alla fine non ha potuto far altro che prendere atto: <Accettiamo ma non condividiamo>, ha detto a caldo l’avvocato Panzeri. La famiglia di Simona, parte civile con l’avvocato Claudio Tovaglieri: <E’ stata fatta Giustizia>.
Ilaria, madre di 2 figli, proprio in queste ore dovrebbe costituirsi in carcere, senza aspettare l’ordine di cattura.
Paolo Viviani
leggi i servizi sul Corriere di Novara di giovedì 14 luglio
Una udienza, quella di ieri in Cassazione (nella foto il “Palazzaccio”), che si è protratta fino al primo pomeriggio, poi una lunga camera di consiglio, e solo in tarda serata la sentenza, che pesa come un macigno su Ilaria Mortarini: confermata la condanna a 30 anni per concorso in omicidio volontario premeditato di Simona Melchionda, avvenuto nella notte fra il 6 e 7 giugno 2010 a Divignano. Stessa pena dell’esecutore materiale, l’allora carabiniere Luca Sainaghi, a sua volta già da tempo condannato in via definitiva. Ieri a Roma è solo caduta l’aggravante dei futili motivi, ovvero - par di capire, ma bisognerà attendere le motivazioni - stando alla Suprema Corte il quadro parrebbe più complesso: a spingere Ilaria a istigare Luca ad uccidere, dunque, non la “banale” gelosia. Ha resistito la premeditazione, cosa che per il complesso gioco fra aggravanti e attenuanti ha lasciato intatto il quantum della pena. In due parole: il quadro accusatorio ha retto, la Corte ha accolto la richiesta del procuratore di confermare i 30 anni, mentre la difesa - avvocati Luca Panzeri e Angela Riva - dopo aver giocato tutte le carte possibili per far se non cancellare la condanna almeno rivederla al ribasso (oppure ottenere un nuovo processo), alla fine non ha potuto far altro che prendere atto: "Accettiamo ma non condividiamo", ha detto a caldo l’avvocato Panzeri. La famiglia di Simona, parte civile con l’avvocato Claudio Tovaglieri: "E’ stata fatta Giustizia".
Ilaria, madre di 2 figli, proprio in queste ore dovrebbe costituirsi in carcere, senza aspettare l’ordine di cattura.
Paolo Viviani
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