«Non lasceremo mai solo Ahmad»

«Non lasceremo mai solo Ahmad»
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«La condizione di Ahmadreza Djalali non è solo drammatica, ma assurda: un uomo condannato per spionaggio quando la sua unica “colpa” accertata è quella di aver collaborato all’estero con ricercatori italiani, israeliani, svedesi, americani e del Medio Oriente, per migliorare le capacità operative degli ospedali di quei paesi che soffrono la povertà e sono flagellati da guerre e disastri naturali». Così la senatrice Elena Ferrara ha parlato al Senato della terribile condizione che sta vivendo il medico iraniano. «Lo sanno bene i medici ed i ricercatori del Crimedim dell’Università del Piemonte Orientale dove Hamad ha lavorato tra il 2012 e il 2015 come esperto di Medicina dei disastri e assistenza umanitaria». Lo ha ribadito proprio Luca Ragazzoni, medico e ricercatore novarese, collega e amico di Ahmad, in Sala Nassirya al Senato insieme alla senatrice a vita, Elena Cattaneo, e al presidente della commissione diritti umani, Luigi Manconi «che ha sottolineato - ricorda Elena Ferrara - come il Ministro degli Esteri, Angelino Alfano, e l'Alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, siano interessati della situazione così come i Governi di Svezia, Belgio e Germania». Poi la senatrice si è soffermata sul rapporto con Novara. «Ahmad - ha detto - è cittadino iraniano, certo, che i novaresi sentono, però, parte della loro comunità. La mobilitazione è stata grande e toccante: i colleghi dell’università, gli studenti universitari, gli amici, il mondo della scuola che i figli di Ahmad, 5 e 13 anni, hanno frequentato, le istituzioni, dalle amministrazioni locali alla Regione Piemonte. Una comunità si è stretta intorno alla famiglia che oggi vive in Svezia, ma non ha mai interrotto il rapporto con Novara e i novaresi: da lì sono partite le prime petizioni su iniziativa dei colleghi di Ahmad, cui è seguita la presa di posizione di Amnesty e ogni iniziativa negli ultimi mesi».Il medico sembra che abbia intrapreso anche lo sciopero della sete per protestare contro la sua detenzione.  «Non lo lasceremo solo. Tutelare i diritti di Ahmad - ha concluso Elena Ferrara - significa ribadire i diritti di ciascuno di noi, riaffermare lo spirito di una comunità». Ieri mattina la senatrice è stata ospite di Uno Mattina proprio per diffondere il più possibile la mobilitazione per Ahmad.Sandro Devecchi

«La condizione di Ahmadreza Djalali non è solo drammatica, ma assurda: un uomo condannato per spionaggio quando la sua unica “colpa” accertata è quella di aver collaborato all’estero con ricercatori italiani, israeliani, svedesi, americani e del Medio Oriente, per migliorare le capacità operative degli ospedali di quei paesi che soffrono la povertà e sono flagellati da guerre e disastri naturali». Così la senatrice Elena Ferrara ha parlato al Senato della terribile condizione che sta vivendo il medico iraniano. «Lo sanno bene i medici ed i ricercatori del Crimedim dell’Università del Piemonte Orientale dove Hamad ha lavorato tra il 2012 e il 2015 come esperto di Medicina dei disastri e assistenza umanitaria». Lo ha ribadito proprio Luca Ragazzoni, medico e ricercatore novarese, collega e amico di Ahmad, in Sala Nassirya al Senato insieme alla senatrice a vita, Elena Cattaneo, e al presidente della commissione diritti umani, Luigi Manconi «che ha sottolineato - ricorda Elena Ferrara - come il Ministro degli Esteri, Angelino Alfano, e l'Alta rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, siano interessati della situazione così come i Governi di Svezia, Belgio e Germania». Poi la senatrice si è soffermata sul rapporto con Novara. «Ahmad - ha detto - è cittadino iraniano, certo, che i novaresi sentono, però, parte della loro comunità. La mobilitazione è stata grande e toccante: i colleghi dell’università, gli studenti universitari, gli amici, il mondo della scuola che i figli di Ahmad, 5 e 13 anni, hanno frequentato, le istituzioni, dalle amministrazioni locali alla Regione Piemonte. Una comunità si è stretta intorno alla famiglia che oggi vive in Svezia, ma non ha mai interrotto il rapporto con Novara e i novaresi: da lì sono partite le prime petizioni su iniziativa dei colleghi di Ahmad, cui è seguita la presa di posizione di Amnesty e ogni iniziativa negli ultimi mesi».Il medico sembra che abbia intrapreso anche lo sciopero della sete per protestare contro la sua detenzione.  «Non lo lasceremo solo. Tutelare i diritti di Ahmad - ha concluso Elena Ferrara - significa ribadire i diritti di ciascuno di noi, riaffermare lo spirito di una comunità». Ieri mattina la senatrice è stata ospite di Uno Mattina proprio per diffondere il più possibile la mobilitazione per Ahmad.Sandro Devecchi