Magliette Chanel contraffatte, 32enne condannata a un anno

Magliette Chanel contraffatte, 32enne condannata a un anno
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NOVARA, Dodici mesi di reclusione e 12mila euro di multa, con la sospensione condizionale della pena e la confisca dei capi sequestrati. Questa la condanna inflitta, in Tribunale a Novara, a C.D.L., imprenditrice di 32 anni, finita a processo per contraffazione del marchio “Chanel”. La donna, come ha stabilito il giudice, dovrà anche risarcire l’azienda in sede civile.

La vicenda risale ad alcuni anni fa e riguarda, come anticipato, il marchio “Chanel”. Proprio la sede italiana del grande marchio di moda si era accorta che alcune ditte presentavano il suo simbolo, la ‘C’ incrociata una di fronte all’altra appoggiate di ‘schiena’, un simbolo che, per loro, era contraffatto. “Chanel” aveva così segnalato la situazione alle Forze dell’Ordine, che avevano dato il via ad alcuni controlli e, in Piemonte, si era giunti a un laboratorio di Oleggio, dove furono sequestrati oltre 100 capi già pronti per essere distribuiti in altri negozi.

A essere state trovate, in particolare, magliette con il simbolo “Chanel” oro ironizzato, formato da frutta o animali. Stando al legale della grande azienda di moda il marchio sarebbe stato riprodotto in modo quasi identico e tale da creare confusione tra i clienti. Per l’avvocato di “Chanel” risulta impossibile che la 32enne, amministratrice della società, non si sia accorta di quanto stava avvenendo. Non la vede così il difensore della donna, l’avvocato Maria Lucia Infantino, che aveva chiesto l’assoluzione della sua assistita: «Chiedo l’assoluzione in quanto la mia assistita – aveva sostenuto nella penultima udienza del processo – non aveva alcun potere decisionale nelle scelte stilistiche, di competenza esclusiva del socio stilista. Lei si occupava solo della parte commerciale. Inoltre la mia assistita era alla guida della ditta di Oleggio solo dal 2011, non c’è nessuna prova del periodo in cui sono stati prodotti i vestiti poi sequestrati. Non solo: i capi mostravano in maniera ben evidente il marchio del laboratorio di Oleggio, sia sul capo sia sull’etichetta. Impossibile confonderlo col marchio “Chanel”. I disegni delle magliette erano molto semplici e in nessun modo confondibili con prodotti “Chanel” originali».

mo.c.

NOVARA, Dodici mesi di reclusione e 12mila euro di multa, con la sospensione condizionale della pena e la confisca dei capi sequestrati. Questa la condanna inflitta, in Tribunale a Novara, a C.D.L., imprenditrice di 32 anni, finita a processo per contraffazione del marchio “Chanel”. La donna, come ha stabilito il giudice, dovrà anche risarcire l’azienda in sede civile.

La vicenda risale ad alcuni anni fa e riguarda, come anticipato, il marchio “Chanel”. Proprio la sede italiana del grande marchio di moda si era accorta che alcune ditte presentavano il suo simbolo, la ‘C’ incrociata una di fronte all’altra appoggiate di ‘schiena’, un simbolo che, per loro, era contraffatto. “Chanel” aveva così segnalato la situazione alle Forze dell’Ordine, che avevano dato il via ad alcuni controlli e, in Piemonte, si era giunti a un laboratorio di Oleggio, dove furono sequestrati oltre 100 capi già pronti per essere distribuiti in altri negozi.

A essere state trovate, in particolare, magliette con il simbolo “Chanel” oro ironizzato, formato da frutta o animali. Stando al legale della grande azienda di moda il marchio sarebbe stato riprodotto in modo quasi identico e tale da creare confusione tra i clienti. Per l’avvocato di “Chanel” risulta impossibile che la 32enne, amministratrice della società, non si sia accorta di quanto stava avvenendo. Non la vede così il difensore della donna, l’avvocato Maria Lucia Infantino, che aveva chiesto l’assoluzione della sua assistita: «Chiedo l’assoluzione in quanto la mia assistita – aveva sostenuto nella penultima udienza del processo – non aveva alcun potere decisionale nelle scelte stilistiche, di competenza esclusiva del socio stilista. Lei si occupava solo della parte commerciale. Inoltre la mia assistita era alla guida della ditta di Oleggio solo dal 2011, non c’è nessuna prova del periodo in cui sono stati prodotti i vestiti poi sequestrati. Non solo: i capi mostravano in maniera ben evidente il marchio del laboratorio di Oleggio, sia sul capo sia sull’etichetta. Impossibile confonderlo col marchio “Chanel”. I disegni delle magliette erano molto semplici e in nessun modo confondibili con prodotti “Chanel” originali».

mo.c.

 

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