Il racconto di Guerrini, amico di Sansarella: "Così Gennari morì nella mia baracca"

Il racconto di Guerrini, amico di Sansarella:  "Così Gennari morì nella mia baracca"
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NOVARA Non è stato un “incidente probatorio” facile quello andato in scena il 10 giugno scorso, anteprima del futuro possibile processo per “cristallizzare” il racconto di Cristian Guerrini, l’uomo accusato di occultamento del cadavere di Andrea Gennari in concorso con Nicola Sansarella, quest’ultimo accusato anche e soprattutto di omicidio.

Si trattava appunto, come richiesto e ottenuto dal pm Mario Andrigo, di fissare la “verità” del proprietario della baracca di via Scalise, teatro del grave fatto di sangue, da usare poi nelle future fasi processuali.

Ecco allora tutte le parti davanti al gip Angela Fasano ad ascoltare e a far domande a Guerrini, assistito dall’avvocato Giovanni Agnesina: col pm c’era l’avvocato Stefano Allegra, difensore di Sansarella (che ha preferito non presenziare), e l’avvocato Fabrizio Cardinali, che assiste la famiglia della vittima, parte offesa.

Un racconto a volte a singhiozzo, intervallato dalle domande per precisare e chiarire le contraddizioni, e difficile anche da mettere a verbale. Il “Corriere” ha potuto leggere tale verbale, che qui sotto riportiamo nelle sue parti essenziali.

Come noto la sera di lunedì 14 dicembre dell’anno scorso Sansarella e Gennari videro una partita del Novara in Tv in un bar di Santa Rita. Poi, ubriachi, litigarono, a quanto pare perché il primo non voleva che l’amico si mettesse alla guida in quello stato per far ritorno a casa, a Granozzo. Finirono alla baracca di Guerrini, dove Gennari il pomeriggio successivo morì per le botte ricevute. Fu sepolto in un bosco adiacente, luogo indicato poi dallo stesso Sansarella ai Carabinieri che lo arrestarono mercoledì sera 16 dicembre.

L’interrogatorio, condotto dal pm Andrigo, si apre con Guerrini che spiega di non avere un domicilio. Quella sera era nella baracca (senz’acqua, luce e gas, ndr) di via Scalise.

«Dormivo - ha detto - poi sono stato svegliato da urla, chiasso e bon… tutto lì. Esco a vedere, però si stavano picchiando questi ragazzi…». Ovvero Sansarella e Gennari.

Subito un botta e risposta sul grado di conoscenza che aveva con i due, e sull’orario esatto. Alla fine la “verità” di Guerrini è che conosceva Gennari da un paio di settimane, e Sansarella da qualche mese, mentre la “fama” di quest’ultimo da più tempo. L’orario (dell’inizio) della scena in questione viene invece collocato dopo la mezzanotte.

Incalzato, sembra che Guerrini alla fine abbia assistito non al film del pestaggio bensì solo visto Sansarella “sopra” Gennari. In ogni caso non interviene perché «avevo paura che Sansarella se la prendesse con me… quando è bevuto è così. Alla fine Nicola mi disse: ”Ecco, tienilo qua per 2 o 3 ore, poi si riprenderà e se ne va a casa da solo”».

In quali condizioni era Gennari? Guerrini ha avuto difficoltà a precisarlo, fra un «bollato… tutto, tutto», un «gonfio», un «tumefatto» e via di questo passo.

In ogni caso lo portano all’interno della baracca, aiutandosi a vicenda, e lo adagiano su una branda: «Me lo lascia lì e poi se ne torna a casa dicendomi: ”Tanto tra un po’ se ne va. Digli di smaltire la sbornia e tutto quanto e se ne andrà”». Sansarella va via: «Non è più tornato fino al giorno dopo». E Gennari, nella baracca, morirà.

Paolo Viviani

leggi il servizio integrale sul Corriere di Novara in edicola

NOVARA  Non è stato un “incidente probatorio” facile quello andato in scena il 10 giugno scorso, anteprima del futuro possibile processo per “cristallizzare” il racconto di Cristian Guerrini, l’uomo accusato di occultamento del cadavere di Andrea Gennari in concorso con Nicola Sansarella, quest’ultimo accusato anche e soprattutto di omicidio.

Si trattava appunto, come richiesto e ottenuto dal pm Mario Andrigo, di fissare la “verità” del proprietario della baracca di via Scalise, teatro del grave fatto di sangue, da usare poi nelle future fasi processuali.

Ecco allora tutte le parti davanti al gip Angela Fasano ad ascoltare e a far domande a Guerrini, assistito dall’avvocato Giovanni Agnesina: col pm c’era l’avvocato Stefano Allegra, difensore di Sansarella (che ha preferito non presenziare), e l’avvocato Fabrizio Cardinali, che assiste la famiglia della vittima, parte offesa.

Un racconto a volte a singhiozzo, intervallato dalle domande per precisare e chiarire le contraddizioni, e difficile anche da mettere a verbale. Il “Corriere” ha potuto leggere tale verbale, che qui sotto riportiamo nelle sue parti essenziali.

Come noto la sera di lunedì 14 dicembre dell’anno scorso Sansarella e Gennari videro una partita del Novara in Tv in un bar di Santa Rita. Poi, ubriachi, litigarono, a quanto pare perché il primo non voleva che l’amico si mettesse alla guida in quello stato per far ritorno a casa, a Granozzo. Finirono alla baracca di Guerrini, dove Gennari il pomeriggio successivo morì per le botte ricevute. Fu sepolto in un bosco adiacente, luogo indicato poi dallo stesso Sansarella ai Carabinieri che lo arrestarono mercoledì sera 16 dicembre.

L’interrogatorio, condotto dal pm Andrigo, si apre con Guerrini che spiega di non avere un domicilio. Quella sera era nella baracca (senz’acqua, luce e gas, ndr) di via Scalise.

«Dormivo - ha detto - poi sono stato svegliato da urla, chiasso e bon… tutto lì. Esco a vedere, però si stavano picchiando questi ragazzi…». Ovvero Sansarella e Gennari.

Subito un botta e risposta sul grado di conoscenza che aveva con i due, e sull’orario esatto. Alla fine la “verità” di Guerrini è che conosceva Gennari da un paio di settimane, e Sansarella da qualche mese, mentre la “fama” di quest’ultimo da più tempo. L’orario (dell’inizio) della scena in questione viene invece collocato dopo la mezzanotte.

Incalzato, sembra che Guerrini alla fine abbia assistito non al film del pestaggio bensì solo visto Sansarella “sopra” Gennari. In ogni caso non interviene perché «avevo paura che Sansarella se la prendesse con me… quando è bevuto è così. Alla fine Nicola mi disse: ”Ecco, tienilo qua per 2 o 3 ore, poi si riprenderà e se ne va a casa da solo”».

In quali condizioni era Gennari? Guerrini ha avuto difficoltà a precisarlo, fra un «bollato… tutto, tutto», un «gonfio», un «tumefatto» e via di questo passo.

In ogni caso lo portano all’interno della baracca, aiutandosi a vicenda, e lo adagiano su una branda: «Me lo lascia lì e poi se ne torna a casa dicendomi: ”Tanto tra un po’ se ne va. Digli di smaltire la sbornia e tutto quanto e se ne andrà”». Sansarella va via: «Non è più tornato fino al giorno dopo». E Gennari, nella baracca, morirà.

Paolo Viviani

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