Caso Coccia a Novara: le motivazioni della sentenza di condanna
E' probabile il ricorso in Appello, dopo il deposito delle motivazioni.
Sono state rese note in un documento di 45 pagine le motivazioni della sentenza di condanna per il caso Coccia a Novara.
Caso Coccia a Novara: in 45 pagine le motivazioni della condanna
Condanne per il caso Coccia: le motivazioni della sentenza. Quarantacinque pagine nero su bianco per spiegare, in buona sostanza, che con i soldi del teatro Coccia erano state pagate le spese sostenute da una società privata. Un’operazione questa che per Gianfranco Pezone, Niccolò Bencini e Gian Luca De Rosa è da considerarsi peculato, valutato anche che le imputate, sempre secondo il collegio, erano certamente consapevoli della natura pubblica della Fondazione che sovraintende il teatro di via Fratelli Rosselli. Così i tre giudici, 90 giorni dopo, hanno motivato la sentenza di condanna di primo grado arrivata nel tardo pomeriggio di giovedì 13 aprile scorso nei confronti dell’ex direttrice artistica del teatro Coccia Renata Rapetti e dell’ex factotum amministrativo Silvana Sateriale.
Rapetti e Sateriale rispondevano di peculato
Entrambe rispondevano di peculato, Rapetti anche di falso in relazione alla rendicontazione, o presunta alterazione, delle domande dell’”Art bonus”, ovvero del beneficio concesso dal ministero competente per i mecenati di arte e cultura. Per il solo peculato a Rapetti 3 anni e 3 mesi (assolta per due episodi degli Art bonus), a Sateriale 3 anni. Sostanzialmente, dunque, le pene chieste dalla pm Silvia Baglivo, titolare del fascicolo. Il processo, con vasta eco, era iniziato il 17 giugno 2022 al tribunale di Novara.
L'indagine della Procura partita 6 anni fa
L’indagine della Procura era partita sei anni fa, dopo gli esposti presentati dalla ex presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Coccia, Carmen Manfredda, magistrato in pensione, che aveva denunciato presunte irregolarità e comportamenti scorretti nella gestione del teatro e del cartellone di eventi pubblici. Anomalie che, stando a lei, sarebbe stato necessario esaminare. E così è stato.
Le due imputate hanno sempre negato gli addebiti
Le due imputate, che hanno sempre negato gli addebiti, avrebbero sottratto circa 29 mila euro dirottandoli al pagamento di spese sostenute dalla “Showbees Srl”, ovvero della società lombarda incaricata di organizzare gli eventi estivi all’aperto del “Maggiore” di Verbania, il teatro diretto oggi dalla stessa Rapetti, nell’ambito di un protocollo siglato a suo tempo, nel maggio 2016, tra la Fondazione Coccia e il Comune capoluogo del Vco. Perché il Coccia ha dovuto pagare le spese di “Showbees”? Per la procura – e così si legge nelle motivazioni della sentenza – si sarebbe trattato di denaro pubblico sottratto all’ente novarese. Rapetti e Sateriale, difese rispettivamente dagli avvocati Federico Vianelli di Treviso e Filippo Novarelli, hanno ribadito la loro condotta “pro Coccia”. Rapetti, in quanto manager, avrebbe effettuato pagamenti nell’ambito di un pacifico accordo con Verbania. Nessuna distrazione di denaro pubblico, né danni al teatro. Sateriale sarebbe stata, invece, una semplice dipendente che, peraltro, non avrebbe potuto opporsi alle scelte altrui.
Chiesti 60mila euro di risarcimento danni patrimoniali e d'immagine per il teatro
L’avvocato Roberto Rognoni, per conto della Fondazione teatro che si è costituita parte civile, aveva chiesto il risarcimento di 60 mila euro per danni patrimoniali e d’immagine. L’inchiesta aveva inizialmente coinvolto un’ottantina di persone, nel frattempo uscite di scena. A palazzo Fossati, sede del tribunale novarese, hanno via via sfilato diversi testi, tra cui – oltre a Manfredda – anche l’attuale sindaco di Verbania, Silvia Marchionini. Al “Maggiore” erano saliti sul palco nel 2016 artisti del calibro di Anastacia e Ornella Vanoni. Nel giugno dello scorso anno Sateriale era stata prima sospesa e poi, per contestazioni di tipo disciplinare, licenziata (e la diretta interessata non avrebbe fatto ricorso). Tra le pene accessorie del primo grado, la confisca di 27 mila euro, la pena pecuniaria (per delitti contro la pubblica amministrazione) di poco più di 27 mila euro da risarcire al Comune di Novara e risarcimento dei danni alla Fondazione da quantificarsi successivamente in sede civile, con una provvisionale esecutiva di 30 mila euro. Più il pagamento delle spese legali. Ora, depositate le motivazioni, è probabile il ricorso in Corte di Appello.