Accusata di truffa ai danni dello Stato, condanna a 8 mesi

Accusata di truffa ai danni dello Stato, condanna a 8 mesi
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NOVARA, Condanna a 8 mesi e a 450 euro di multa, pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, questa mattina in Tribunale a Novara, per una 63enne di Trecate, finita alla sbarra con l’accusa di truffa ai danni dello Stato. La donna, impiegata amministrativa, è assistita dall’avvocato Roberto Rognoni. A portare la donna a processo, un esposto di alcuni dipendenti ed ex dipendenti dell’Uepe, l’Ufficio esecuzione penale esterna del Ministero della Giustizia, dove ci si occupa dei detenuti ammessi al lavoro all’esterno del carcere. Stando all’accusa, la donna sarebbe uscita dal lavoro in più occasioni in modo non consentito. «Timbrava in ufficio e poi usciva per andare a fare la spesa al market. Lo faceva per una mezz’ora quasi tutte le mattine», hanno sostenuto in una precedente udienza alcuni colleghi. La donna ha sempre rigettato ogni addebito e il difensore ha sostenuto come ci fosse un’autorizzazione e come queste uscite si registrassero comunque durante la pausa caffè, cui, a quanto emerge, l’imputata, rispetto ad altri dipendenti, rinunciava.

mo.c.

NOVARA, Condanna a 8 mesi e a 450 euro di multa, pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, questa mattina in Tribunale a Novara, per una 63enne di Trecate, finita alla sbarra con l’accusa di truffa ai danni dello Stato. La donna, impiegata amministrativa, è assistita dall’avvocato Roberto Rognoni. A portare la donna a processo, un esposto di alcuni dipendenti ed ex dipendenti dell’Uepe, l’Ufficio esecuzione penale esterna del Ministero della Giustizia, dove ci si occupa dei detenuti ammessi al lavoro all’esterno del carcere. Stando all’accusa, la donna sarebbe uscita dal lavoro in più occasioni in modo non consentito. «Timbrava in ufficio e poi usciva per andare a fare la spesa al market. Lo faceva per una mezz’ora quasi tutte le mattine», hanno sostenuto in una precedente udienza alcuni colleghi. La donna ha sempre rigettato ogni addebito e il difensore ha sostenuto come ci fosse un’autorizzazione e come queste uscite si registrassero comunque durante la pausa caffè, cui, a quanto emerge, l’imputata, rispetto ad altri dipendenti, rinunciava.

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