A processo a Novara per l'omicidio della madre: in aula le prime testimonianze
Garini, agente immobiliare, attualmente è detenuto nel carcere di Ivrea

In Corte d’Assise a Novara ascoltati testimoni e tecnici sul decesso di Liliana Agnani, il sui corpo fu trovato nel 2022 in riva al Ticino.
I dettagli
Un’udienza in gran parte “tecnica” quella svoltasi lunedì mattina in Corte d’Assise a Novara per il processo che vede imputato Stefano Emilio Garini, il 62enne di Milano accusato di aver ucciso la madre Liliana Anagni, 89 anni, le cui ossa erano state ritrovate nell'ottobre del 2022 in riva al Ticino a San Martino di Trecate.
Garini, agente immobiliare, attualmente è detenuto nel carcere di Ivrea. I reati per cui è a processo sono: omicidio premeditato e aggravato dal vincolo familiare, distruzione di cadavere, truffa, auto riciclaggio, falso in atto pubblico. Nell’udienza sono state ascoltate le prime testimonianze del processo che hanno ricostruito il ritrovamento delle ossa.
Il primo a parlare è stato il pensionato 77enne, di Trecate che aveva ritrovato le ossa il 10 ottobre 2022 in località Bosco Marino, nell’area del Parco del Ticino, poco distante dal ponte sul fiume che collega il Piemonte alla Lombardia. L’uomo ha spiegato che era alla ricerca di funghi e quel pomeriggio aveva visto i resti ossei, pensando però appartenessero a un animale. Ha aggiunto che un suo amico aveva notato i resti già al mattino. Il 77enne una volta tornato a casa ha però poi avuto qualche dubbio e per sicurezza ha avvertito la Polizia locale di Trecate.
Durante l’udienza sono anche state mostrate planimetrie, mappe topografiche, fotografie e video prodotti dai carabinieri durante il recupero delle ossa e durante le indagini. Hanno poi deposto i tecnici del Labanof (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università degli Studi di Milano) che hanno eseguito le verifiche medico legali sui reperti ossei umani (delle vertebre, un frammento di mandibola, il femore. Il cranio non è mai stato ritrovato). La svolta della vicenda, infatti, era venuta dal rinvenimento di una protesi in perfetto stato di conservazione, fissata tra le vertebre L3 e L4 della colonna vertebrale ritrovata, su cui erano ben evidenti sia il marchio di fabbrica sia il numero di matricola, che avevano permesso di identificare Liliana Agnani.
Una testimonianza importante quella degli esperti del Labanof. Le analisi dei tecnici e i rilievi dei Carabinieri hanno chiarito alcuni aspetti fondamentali del ritrovamento. Secondo i rilevamenti il corpo della donna è stato abbandonato proprio nella zona del ritrovamento. Non sarebbe stato trascinato non essendone state trovate tracce in altre parti dell’area esaminata, estesa circa 2.700 metri quadrati. Nel corso dei rilievi è stato scandagliato anche il vicino corso d’acqua. Il corpo non sarebbe stato sepolto ma solo parzialmente coperto. Era anche stato trovato un pezzo di stoffa impigliato in un ramo. Altro dato emerso quello che i resti sono stati preda degli animali selvatici, che ne hanno fatto scempio.
Secondo quanto ricostruito durante le indagini, la sera del 18 maggio 2022, fino alle 20 Liliana Agnani era viva. Poi era stata portata in carrozzina a fare una passeggiata nei boschi, in un luogo impervio nella zona Sorgente delle Tre Fontane. Da qual momento nessuno l’aveva più vista.