Novara ricorda Ahmadreza Djalali a 9 anni dal suo arresto: nuovo appello per la liberazione
Comune, Università e Amnesty hanno rinnovato il proprio impegno affinché si faccia luce sulla vicenda

Ieri, giovedì 24 aprile, alle ore 12, davanti all’ingresso di Palazzo Cabrino in via Rosselli 1, il sindaco di Novara Alessandro Canelli e Franca Di Franco, responsabile del Gruppo Italia 046 di Amnesty International, hanno ricordato i nove anni trascorsi dall’arresto di Ahmadreza Djalali, il medico e ricercatore irano-svedese detenuto in Iran dal 2016.
Novara ricorda Ahmadreza Djalali
Il momento di riflessione, che ha visto la presenza anche del consigliere regionale Domenico Rossi, si è svolto ai piedi dello striscione di sensibilizzazione affisso nei giorni precedenti sulla facciata del Comune, con cui l’amministrazione cittadina ha rinnovato l’appello per la liberazione di Djalali, cittadino onorario di Novara e già collaboratore del centro Crimedim e dell’Università del Piemonte Orientale.
“Vogliamo continuare a mantenere viva la speranza e tenere un faro acceso su un problema di assoluta disumanità da parte del governo iraniano – ha dichiarato il sindaco Canelli –. Djalali è rinchiuso in una prigione da anni, in condizioni inimmaginabili. Chiediamo ancora una presa di posizione anche a livello europeo, un’azione che possa riportare Ahmadreza alla sua famiglia e alla sua comunità”.
Il Comune di Novara, insieme ad Amnesty International e all’UPO, ha così ribadito il proprio impegno affinché si faccia luce sulla vicenda e si ponga fine a una detenzione che da anni suscita indignazione nella comunità scientifica e internazionale.
Chi è Ahmadreza Djalali e perché è detenuto in Iran
Ahmadreza Djalali è un medico e ricercatore irano-svedese specializzato in medicina dei disastri, con incarichi accademici in diverse università europee, tra cui l’Università del Piemonte Orientale, il Karolinska Institutet in Svezia e la Vrije Universiteit Brussel in Belgio.
Nel 2016, mentre si trovava in Iran per partecipare a una serie di workshop su invito delle università di Teheran e Shiraz, è stato arrestato dalle autorità iraniane. Successivamente, è stato accusato di “corruzione sulla terra” e condannato a morte nell’ottobre 2017, al termine di un processo ritenuto gravemente iniquo da numerose organizzazioni per i diritti umani.
Secondo Amnesty International, la condanna si è basata su confessioni estorte sotto tortura, e a Djalali è stato negato l’accesso a un avvocato durante l’istruttoria.
La sua detenzione è stata definita arbitraria e le sue condizioni di salute si sono progressivamente deteriorate a causa dell’isolamento prolungato e della mancanza di cure mediche adeguate
QUI per firmare l'appello per la liberazione, che a oggi ha raccolto ben 312.524 firme.