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Mariangela Valentini, "Nata per volare": la mamma presenta il libro agli oleggesi

In una lunga intervista Piera Vandoni ha raccontato tutto il dolore e le battaglie di questi anni e messi nero su bianco su un volume intenso e toccante

Mariangela Valentini, "Nata per volare": la mamma presenta il libro agli oleggesi
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A salvarla dalla disperazione è stata la catarsi della scrittura su invito di don Riccardo. Un’esperienza unica, cui non era abituata Piera Vandoni di Oleggio. Carta e penna sono state la fune cui si è aggrappata dopo il tragico incidente aereo in cui la figlia Mariangela Valentini ha perso la vita nel 2014.

Di Vittoria Maria Passera

Mariangela Valentini, "Nata per volare"

Un’esercitazione nei cieli di Ascoli Piceno e il maggiore stava pilotando un Tornado quando uno schianto con un altro velivolo le è stato fatale. Da quel momento la scrittura, giorno dopo giorno, ha creato tasselli che oggi compongono il mosaico di “Nata per volare. Frammenti di vita, di morte e verità nascoste del maggiore pilota Mariangela Valentini”.

Un volume che verrà presentato oggi, venerdì 24 gennaio, alle 21, al teatro comunale di Oleggio (Sala 2).

Che ricordo ha di quella giornata?

«Ero a Rimella, in Valsesia, per godermi pace e silenzio. Verso le 5 del pomeriggio ricevo una telefonata da parte del fidanzato di Mariangela nella quale mi dice che è rimasta coinvolta in un incidente aereo. Poi la conferma da una telefonata di un Maggiore di Ghedi e la corsa verso l’aeroporto bresciano dove lavorava Mariangela. Poi abbiamo iniziato a vedere le immagini che arrivavano dalla tv e la conferma che lei non c’era più».

Da lì è iniziato un calvario umano e legale.

«Il dolore è stato immenso, ma mi sono battuta subito per ripulire la sua immagine che giorno dopo giorno è stata infangata. Le hanno gettato addosso tanta sporcizia, è stata un capro espiatorio vuoi perché deceduta, vuoi perché donna. Lei è sempre stata un pilota esemplare tant’è che nel suo stato di servizio c’è anche una nota da parte della Nato in cui si legge che era un “Ufficiale di elevatissima motivazione, dotato di una struttura morale esemplare e di una preparazione tecnica estremamente vasta e poliedrica. Il Capitano Valentini (...) si è distinta per la continua e instancabile opera di addestramento, dimostrando iniziativa e capacità tecniche non comuni, è eccezionale esempio di serietà e operosità che ha esaltato l’immagine e il prestigio dell’Aeronautica militare italiana”. Per cui sentire che tutte le colpe siano state addossate a lei è stato un macigno».

Ma lei non si è mai arresa.

«Grazie a mio fratello ho partecipato a tutte le udienze del processo celebrato ad Ascoli Piceno, ho dovuto sopportare le cose più infamanti e la forza mi è arrivata dalla stessa Mariangela e dalla scrittura. Un calvario che si è concluso con la sentenza del 1° dicembre 2023. Nella primavera dell’anno dopo ho letto le motivazioni depositate dal giudice: “L’equipaggio Freccia 21 poteva legittimamente mutare la propria quota di volo, decisione assolutamente legittima. Tale concetto è da rimarcare per escludere l’attribuzione di ipotetica responsabilità in capo ai componenti di Freccia 21”. Scoppio a piangere, da un lato sono contenta, ma dall’altro non viene fatta alcuna menzione nei confronti di Mariangela».
Oggi però a processo concluso e grazie al suo lavoro di ricostruzione della vita di Mariangela anche la sua immagine è stata ripulita.
«Era il mio obiettivo. A me potevano e possono dire qualunque cosa. Ma lei non si è mai meritata tutto quello che è stato detto e scritto di lei».

Oggi come si sente?

«Serena. Ringrazio don Riccardo per il sostegno che ho avuto anche tramite la scrittura. Io poi ho continuato a dipingere e in un lenzuolo di mia nonna ho ritratto ad olio Mariangela con alle spalle un Caccia. Ho fatto pace anche con mia figlia: ero arrabbiata perché non mi raccontava mai di quanto fosse brava. Dopo la morte fra i documenti ho trovato tutti gli encomi che ha ottenuto, ho scoperto che era amatissima dai suoi allievi. Di lei sapevo vagamente dove andasse perché mi portava dei regalini e ne ho avuti da tutto il mondo, dal Canada al Medio Oriente».

Una passione per il volo che Mariangela ha sempre avuto...

«Sin da piccolina restava con il naso all’insù per guardare il sorvolo dei Caccia. Passione che è cresciuta con gli anni e l’ha condotta con mano alla scuola Aeronautica Baracca di Novara prima e all’Accademia di Pozzuoli poi. Nel mezzo tante specializzazioni e poi la carriera da pilota militare. Per lei il volo era tutto ed è stato un’ancora di salvezza anche quando, a 16 anni, le è morto il papà. Non l’abbiamo mai osteggiata, era giusto che facesse quello che più desiderava. Era giusto fare tutto il possibile affinché potesse realizzare i suoi sogni, un genitore non deve tarpare le ali ai figli, deve metterli in condizioni di poterli realizzare. E Mariangela era proprio “Nata per volare”».

Quel sogno premonitore pochi giorni prima dell'incidente

«Mi sono svegliata di soprassalto: solo una settimana prima della perdita di Mariangela ho visto in quel sogno la sua fine».

E’ un fiume in piena mamma Piera Vandoni e la sua narrazione rompe gli argini dei ricordi. «Avevo sognato di andare da una signora che che esaudiva i desideri attraverso le preghiere. Io ero andata per chiedere la guarigione del fidanzato di Mariangela che era era affetto da una grave malattia. Giunta sul posto trovo che la donna giace sul letto sul fianco destro e attorno ha delle persone inginocchiate che pregano. Io credo che sia morta e faccio per allontanarmi, ma la gente mi trattiene.La “guaritrice” si volta, mi prende le mani e vedo che tutto il suo lato sinistro è bruciato. Resto sbigottita, lei mi afferra le mani e per due volte mi dice di non preoccuparmi. A quel punto mi sveglio frastornata e in preda all’angoscia».

Grazie alla quotidianità il malessere si stempera. Sette giorni dopo c’è l’incidente mortale di Mariangela. A distanza di anni scopre che la figlia era stata sbalzata fuori dal velivolo ancora ancorata al seggiolino e che il casco viene scagliato via. Nel rogo che divampa dallo schianto il Maggiore Valentini riporta delle ustioni su tutto il lato sinistro del corpo. Come quelle che aveva visto nel sogno. Il fidanzato, invece, restituirà alla terra il suo ultimo respiro un anno dopo Mariangela.

L'immaginetta nella tasca resistita alle fiamme

Oggi, nella casa oleggese, sotto al quadro ad olio, mamma Piera conserva il casco che la figlia ha indossato fino all’ultimo istante di vita, il cappello della divisa e un’immaginetta della Madonna di Loreto, protettrice degli Aviatori.

«Era quella che aveva in tasca al momento della tragedia - riprende mamma Piera - tutto è andato bruciato, dal portafoglio alle tessere accartocciate o fuse. L’immaginetta invece ha solo il bordo bruciacchiato. E’ vero che la Madonna non l’ha salvata, ma se non altro è deceduta sul colpo, senza soffrire».

Al corso di aliante insieme a Samantha Cristoforetti

Mariangela Valentini ha impreziosito il suo curriculum anche con un corso di abilitazione su aliante veleggiatore. Come compagna di corso aveva Samantha Cristoforetti, colei che per tutti noi diventerà poi l’astronauta “Astrosamantha”. «Quanto Mariangela è venuta a mancare - racconta mamma Piera mostrando la foto degli allievi al corso - Cristoforetti ha avuto un permesso speciale per essere presente alla Camera ardente. Poi quando è andata nello spazio ha fatto una foto in cui, mentre “galleggiava” nella navicella, mostrava la foto di Mariangela e dietro di lei c’era lo spazio infinito».

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