Ciclopedonale della discordia nel Parco: il Tar dà ragione al proprietario del terreno
Una vicenda che si trascina da anni ma, ora che è stato stabilito che si tratta di un’area privata, di lì non si può più passare
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Il Tar ha dato ragione ai proprietari della cascina Caprera di Oleggio: su quel terreno la pista ciclopedonale non può passare perché è proprietà privata.
Ciclopedonale della discordia nel Parco del Ticino
Una vicenda che a colpi di carte bollate e non solo si è trascinata per anni e che vuole ricostruire Roberto Volpi, proprietario al 50% con la figlia del terreno intestato alla Cascina Caprera, società semplice agricola che lui stesso amministra. Un’area molto ampia che si trova all’interno del Parco del Ticino e che «fino a novembre 2024 era di 800.000 mq, ma che per necessità, visto le gravi situazioni subite e le scelte di sviluppo aziendale futuro, ne abbiamo venduti 350.000 mq avendone attualmente 450.000 mq circa facenti parte sia del Comune di Oleggio, dove sarebbe voluta passasse la pista ciclopedonale costruita a nostro avviso senza nessun titolo di possesso e inserita nel nuovo piano d’area del Parco del Ticino Piemontese, sia nel Comune di Lonate Pozzolo, nel Parco del Ticino lombardo».
Una vicenda iniziata nel 2016
Il problema del percorso ciclopedonale è iniziato anni fa, nel 2016, «subito dopo il nostro acquisto di questa parte di area chiamata in precedenza Sabghia, essendo stata una cava di estrazione di sabbia e ghiaia. Sull’area era stata realizzata fin dall’inizio senza titolo la pista ciclopedonale e noi appena arrivati ci eravamo resi disponibili verso l'Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore per realizzare con loro un progetto di valorizzazione sociale e naturalistica dell'area, ma la nostra offerta fu non solo rifiutata, ma ricevemmo anche una multa per la bonifica dell'area».
Da qui la situazione si è complicata: «Abbiamo, così, deciso di far rispettare i nostri diritti con una serie di iniziative a partire dalla prima nostra comunicazione via Pec per la chiusura della nostra proprietà per il percorso che si sviluppa per circa 1 km nella nostra proprietà. Siamo al 10 febbraio 2017, senza, però, ricevere alcun riscontro negativo dalle autorità informate nonostante la nostra richiesta di riscontro. E’ arrivata, però, qualche tempo dopo, una richiesta di riapertura del percorso a cui sono poi negli anni seguite tutta una serie di azioni che hanno reso la nostra vita un vero e proprio inferno con accuse e contestazione di reati vari. Solo per fare degli esempi siamo stati accusati di interruzione di pubblico servizio, furto e occultamento di un cartello della pista ciclabile all'interno della nostra proprietà che in realtà era caduto e solo appoggiato ad alcuni metri di distanza in un rudere. C’è stato anche il tentativo di esproprio e poi di trasformare quel tratto di percorso, ripeto costruito con soldi pubblici nella nostra proprietà, ad utilizzo d’uso pubblico inserendolo in un piano d’area. Insomma tutte situazioni che via via nel tempo si sono sgretolate, perché senza un fondamento, ma che hanno lasciato dei segni economici, relazionali, d’immagine e psicologici davvero pesanti».
La sentenza del Tar che dà ragione al proprietario
Alla fine a gennaio 2025 è arrivata la sentenza del Tar:
«Finalmente con questa sentenza si è chiarito che non è possibile far passare nella nostra proprietà il percorso inserito anche nel piano d'area e pertanto abbiamo presentato nuova richiesta per l'autorizzazione a costruire le definitive chiusure al passaggio che comunque è interrotto dalla sentenza del Tar immediatamente eseguibile. Speriamo di aver messo un punto fermo. Anche perché noi vorremmo riprendere il nostro progetto di agricoltura sociale con la massima disponibilità con tutti. Disponibilità provata anche dal fatto che in più di un’occasione in questi anni i nostri terreni sono stati utilizzati come area per esercitazioni da parte della Protezione civile dei Vigili del Fuoco. Quella è un’area del Parco del Ticino meravigliosa, ma privata, e merita rispetto da parte di tutti».
L'Ente di Gestione delle Aree protette del Ticino valuta il ricorso
Sulla vicenda abbiamo interpellato l'Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore che ha così precisato: «Si tratta di una sentenza di primo grado alla quale stiamo decidendo se fare un eventuale ricorso. Al momento stiamo disponendo la nuova cartellonistica e il nuovo percorso così che i nostri utenti possano trovare tutte le informazioni necessarie per percorrere tutto il percorso ciclopedonale di circa 63 km in sicurezza, anche perché l’area a cui si riferisce tutta la vicenda è poco meno di un chilometro».