Agogna in sofferenza: la denuncia dell’Osservatorio Ambientale UTC
«Prelievi eccessivi, scarichi fognari e mancanza di gestione: così il torrente rischia la secca»

Il torrente Agogna, corso d’acqua principale del Novarese, versa in una condizione di gravissima sofferenza idrica. Lo denuncia l’Osservatorio Ambientale UTC (Osservatorio Ambientale dell'Unione Tutela Consumatori di Novara che svolge indagini indipendenti sulle condizioni ambientali del territorio Novarese), che mette in evidenza come i prelievi per uso agricolo siano eccessivi rispetto alla reale disponibilità d’acqua.



Agogna in sofferenza: la denuncia dell’Osservatorio Ambientale UTC
L’Osservatorio Ambientale UTC lancia l’allarme sulla situazione idrica del torrente Agogna, definendola di gravissima sofferenza. Secondo l’associazione, i prelievi d’acqua per uso agricolo risultano «con grande evidenza eccessivi» rispetto alla portata reale.
L’Osservatorio ricorda che, dai dati della Regione Piemonte, la portata media dell’Agogna a Novara nel luglio 2014 era di 2,4 metri cubi al secondo, comprensiva dell’apporto della roggia Mora a Nibbia. Senza quest’ultima, la portata sarebbe stata pari a zero. Pur consapevoli che negli ultimi anni la situazione sia peggiorata, gli ambientalisti scelgono di mantenere questo dato «per generosità».
Nel tratto tra l’ingresso della roggia Mora e la chiusa di Borgolavezzaro, prosegue l’Osservatorio, escono dall’Agogna quattro rogge – della città, Caccesca, Crotta e Germagnone – che, stando bassi, possono essere stimate in 1,5 metri cubi al secondo ciascuna. «A fronte di una portata di 2,4 metri cubi – sottolineano – se ne estraggono 6».
A mantenere la portata apparente intervengono, secondo il comunicato, diversi scarichi fognari non depurati provenienti da Agognate, Santa Rita, San Paolo e dalla zona industriale di corso Vercelli, oltre a un canaletto «maleodorante e pieno di plastica». A questi si aggiungono scaricatori di canali irrigui e colature delle risaie, «ricche di sostanze chimiche», soprattutto durante i trattamenti estivi contro il brusone del riso, effettuati con pesticidi «permessi in deroga permanente, pur essendo stati precedentemente proibiti». Solo una parte dell’acqua, «fortunatamente pulita», proviene da sorgenti naturali nell’alveo.
In questo contesto, l’Osservatorio segnala le concessioni per il prelievo con pompe idrovore azionate da trattori: mediamente poco meno di 150mila metri cubi a stagione per azienda, a un massimo di 100 litri al secondo, per concessioni che durano 40 anni e costano tra i 20 e i 60 euro l’anno. «Gli operatori agricoli – osservano – sono costretti a contendersi l’acqua delle fogne, tolta la quale il torrente va sotto i 2,4 metri cubi e resta praticamente in secca».
L’associazione denuncia inoltre che le operazioni di accesso al fiume spesso comportano danni: «Si tagliano e si estirpano alberi molto oltre il necessario, si draga il fondo, si innalzano traverse di ghiaia e si creano buche per introdurre i tubi».
Secondo l’Osservatorio, la situazione dell’Agogna riflette un problema più ampio che riguarda l’intero bacino padano, «dove i diritti di prelievo sono molto superiori alla quantità d’acqua realmente esistente». «Si dà tutto a tutti – concludono – e poi ognuno si arrangi come può e come vuole. Questa è la triste situazione della non gestione dell’acqua in una terra che un tempo era prima al mondo per abbondanza e qualità delle acque».