Più di 60 nella “stanza rosa”

Più di 60 nella “stanza rosa”
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BORGOMANERO - Inaugurata nel dicembre 2015 accanto al Pronto Soccorso dell’Ospedale Ss. Trinità  e realizzata grazie al contributo del “Soroptimist Alto Novarese”, lo scorso anno la “stanza rosa” ha purtroppo accolto una sessantina di donne, vittime di violenze spesso consumate tra le pareti domestiche.  Diciamo purtroppo perché anche il borgomanerese, zona solo apparentemente tranquilla, continua a far registrare episodi di violenza commessi nei confronti di mogli e fidanzate da parte di uomini  che dimostrano con pugni e schiaffi tutto il loro amore. Non tutte le donne però hanno la forza e il coraggio di denunciare i loro aguzzini. Per questo il numero delle donne che piene di lividi si rivolgono al pronto soccorso sono solo una parte di quelle che subiscono violenze. E anche tra loro tante altre non denunciano la violenza subita all’autorità giudiziaria,  spesso anche per vergogna o per paura. Lo ha riferito giovedì mattina nell’aula magna del Ss. Trinità il dottor Claudio Didino, primario del Dea (Dipartimento di emergenza e accettazione) dell’ospedale di viale Zoppis aprendo il corso di aggiornamento per medici e operatori sanitari incentrato sul tema “Violenza di genere: attualità e prospettive. Il codice rosa e le reti assistenziali”. Una

BORGOMANERO - Inaugurata nel dicembre 2015 accanto al Pronto Soccorso dell’Ospedale Ss. Trinità  e realizzata grazie al contributo del “Soroptimist Alto Novarese”, lo scorso anno la “stanza rosa” ha purtroppo accolto una sessantina di donne, vittime di violenze spesso consumate tra le pareti domestiche.  Diciamo purtroppo perché anche il borgomanerese, zona solo apparentemente tranquilla, continua a far registrare episodi di violenza commessi nei confronti di mogli e fidanzate da parte di uomini  che dimostrano con pugni e schiaffi tutto il loro "amore". Non tutte le donne però hanno la forza e il coraggio di denunciare i loro aguzzini. Per questo il numero delle donne che piene di lividi si rivolgono al pronto soccorso sono solo una parte di quelle che subiscono violenze. E anche tra loro tante altre non denunciano la violenza subita all’autorità giudiziaria,  spesso anche per vergogna o per paura. Lo ha riferito giovedì mattina nell’aula magna del Ss. Trinità il dottor Claudio Didino, primario del Dea (Dipartimento di emergenza e accettazione) dell’ospedale di viale Zoppis aprendo il corso di aggiornamento per medici e operatori sanitari incentrato sul tema “Violenza di genere: attualità e prospettive. Il codice rosa e le reti assistenziali”. Una giornata formativa promossa con lo scopo di sensibilizzare il personale sanitario sulla tematica della violenza di genere e per far conoscere le azioni di prevenzione atte a contrastare il fenomeno.  Didino ha invitato le donne che subiscono violenza a denunciare  i loro aggressori. «Qualche tempo fa – ha detto – una donna si era presentata al pronto soccorso dicendo di essere stata picchiata dal marito. Si era fatta medicare ma quando si era trattato di denunciare l’accaduto all’autorità giudiziaria non se l’era sentita ed era tornata a casa come se nulla fosse. E in quella casa aveva trovato il marito che un mese dopo l’aveva nuovamente picchiata procurandole la frattura di un braccio. Anche in quell’occasione la signora non avrebbe voluto sporgere denuncia. Lo abbiamo fatto noi informando i Carabinieri».  Giovedì mattina oltre a medici e psicologhe dell’Asl No sono stati numerosi gli interventi in aula, tra cui quello del tenente Andrea Ceron della Compagnia dei Carabinieri di Arona e del procuratore capo presso il Tribunale di Novara Marilinda Mineccia che oltre ad illustrare ai “corsisti” le varie fasi delle indagini che vengono condotte dall’autorità giudiziaria e del processo penale a carico degli indagati per violenza ha sottolineato il fatto che diversi processi si concludono spesso con l’assoluzione degli imputati. Da qui la necessità, ha detto, «di stabilire nuove linee guida per indagini e processi». Proprio per aiutare gli inquirenti qualche anno fa il Soroptimist Alto Novarese  aveva dotato sei caserme dei Carabinieri (Borgomanero, Gozzano, Arona, Castelletto Ticino, Borgo Ticino e Gattico) di valigette contenenti un kit con telecamera e registratore per dare la possibilità ai militari di raccogliere “a caldo” e nel pieno rispetto della privacy le testimonianze delle donne vittime di soprusi e violenze che nella “stanza rosa” del Ss. Trinità oltre a ricevere le cure sanitarie e il conforto psicologico possono raccontare, lontano da occhi indiscreti, il loro dramma. «Denunciate chi usa violenza nei vostri confronti», è stato ribadito giovedì da tutti i relatori (tra essi il consigliere provinciale alle pari opportunità Laura Noro e Roberto Poggi dell’associazione “Cerchio degli uomini”)  prima che sia troppo tardi. Negli ultimi anni tre donne, due a Borgomanero  e un’altra a Cressa sono state barbaramente uccise dai loro mariti. Nella foto, di Panizza, un momento della giornata formativa.

Carlo Panizza