Contrarietà

Legambiente contro l'agrivoltaico a Oleggio Castello: oggi la raccolta firme

"E' necessario evitare installazioni in contesti sensibili"

Legambiente contro l'agrivoltaico a Oleggio Castello: oggi la raccolta firme
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Mentre a Gattico e a Invorio ci si interroga sull’opportunità di ospitare sui terreni dei due paesi confinanti un notevole impianto fotovoltaico, il caso di Oleggio Castello fa ampiamente discutere. L’oggetto del contendere qui è il posizionamento di un impianto agrivoltaico. La differenza rispetto ai casi dei due paesi vicini è costituita però dalla forte contrarietà al progetto espressa sia dalle forze di maggioranza che da quelle di opposizione.

La raccolta firme

In paese è stata attivata inoltre una raccolta firme contro il progetto. Sarà possibile depositare le firme sabato 8 marzo al banchetto in piazza Comolli. E in questi giorni si registra anche un altro “no” nei confronti dell’idea di un impianto agrivoltaico: quello del circolo di Legambiente, Gli Amici del lago.

«Il circolo territoriale di Legambiente “Gli Amici del Lago” APS - scrivono dall’associazione ambientalista - esprime la sua contrarietà alla realizzazione di un grande impianto di agrivoltaico in via Ceserio ad Oleggio Castello, affiancandosi alle posizioni assunte recentemente dall’intero consiglio comunale e dalla maggioranza della Comunità locale.

L’associazione ambientalista ritiene che l’agrivoltaico, se ben progettato e realizzato, rappresenta senza ombra di dubbio una tecnologia da favorire ed incentivare nell’ottica di creare sinergia positiva tra produzione energetica e attività agricola, nell’ottica dello sviluppo territoriale; tuttavia è necessario evitare installazioni in contesti sensibili e, in generale, la perdita di superfici boschive o avviate a trasformazione in bosco, o di ecosistemi ad elevato valore per la biodiversità (praterie, brughiere, zone umide, etc).

Nello specifico dell’impianto previsto a Oleggio Castello, l’associazione ambientalista ha richiesto formalmente l’accesso agli atti e ha esaminato nel dettaglio il progetto e la relativa documentazione, con il supporto dei suoi tecnici ed esperti a livello nazionale. Dalle analisi risulta con evidenza che la parte agronomica è davvero poco valorizzata, non c’è un vero e proprio piano colturale e la parte agricola non ha un ruolo centrale nella progettazione dell’impianto, come – secondo Legambiente agricoltura - dovrebbe invece avere». Inoltre l’associazione ambientalista sottolinea che l’installazione verrebbe collocata a poche centinaia di metri dal confine del Parco Naturale dei Lagoni, un sito di interesse comunitario inserito nella Rete Europea di Natura 2000, (area SIC n.IT1150002), conglobato nel Parco del Ticino, in una zona-cuscinetto sul confine ovest, al di fuori della giurisdizione specifica dell’Ente Parco ma, di fatto, in continuità con le sue caratteristiche peculiari; in un’area di particolare rilevanza paesaggistica “la valle dei Molini” e in parte lungo il corso del fosso Rese, situato in una zona umida di estremo valore in termini di ecologia, botanica, zoologia, limnologia e idrologia, con specifiche caratteristiche peculiari geomorfologiche e idrologiche nel bacino dei terrazzi morenici del Basso Verbano. Questo ecosistema di pregio ambientale e paesaggistico è molto fragile e delicato e ha caratteristiche coerenti con le linee guide per la classificazione di “zona umida” prevista dalla Convenzione internazionale di Ramsar.

Legambiente inoltre sottolinea che il territorio di Oleggio Castello dal 2012 ha aderito all’estensione di zona di transizione del territorio comunale esterno della Riserva Mondiale della Biosfera del Programma MaB UNESCO (Man and the Biosphere) Ticino-Verbano-Valgrande, individuando come zona di transizione l’intero territorio comunale esterno all’aera protetta.
«A fronte di quanto sopra evidenziato - scrivono da Legambiente - il circolo territoriale ritiene che ad Oleggio Castello non sussistono le condizioni ambientali, ecologiche e paesaggistiche minime di base per procedere con questa installazione; ribadisce che non si tratta di opportunistiche obiezioni NIMBY (acronimo che significa “non nel mio giardino”, ndr) e che quando si parla di agrivoltaico è fondamentale distinguere tra progetti “fatti bene”, con un piano colturale ben definito, con elementi chiari di miglioramento per il territorio e progetti agrivoltaici “finti”, che invece non tengono conto delle specificità del territorio e delle esigenze degli agricoltori, che possono aprire la porta al rischio di speculazioni che non hanno a cuore né il territorio, né l’agricoltura».

«Ci sono tantissime aree agricole, disponibili anche nei nostri territori, con grandi superfici da utilizzare per installare pannelli solari, senza dover necessariamente compromettere zone di particolare valore ecologico e paesaggistico e senza tenere in considerazione, come in questo caso, le specificità del territorio e neppure senza confrontarsi con le opinioni della Comunità locale - spiega Massimiliano Caligara, presidente del circolo locale di Legambiente – La nostra associazione promuove con molta determinazione l’agrivoltaico, che consente di coniugare la produzione agricola con quella energetica, una forma di convivenza particolarmente interessante per la decarbonizzazione del nostro sistema energetico, ma anche per la sostenibilità del sistema agricolo e la redditività a lungo termine delle aziende del settore, ovviamente eccettuando preventivamente tutte le valutazioni di impatto ambientale per ogni situazione specifica».

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