Carcere di Verbania: «Molti detenuti chiedono di lavorare»

Carcere di Verbania: «Molti detenuti chiedono di lavorare»
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VERBANIA   Sono 67 i detenuti ospiti del carcere in via Castelli. Di questi, 34 sono comuni, in prevalenza residenti a Verbania e provincia; 12 gay condannati per reati sessuali, 11 stalker, 10 ex-appartenenti alle forze dell’ordine. Di questi soltanto 13 lavorano: 5 alla pasticceria della “Banda Biscotti” o al ristorante sociale di villa Olimpia gestito dalla cooperativa “Divieto di Sosta”, 8 in lavori interni (pulizia, piccole manutenzioni) all’interno del carcere. A fornire i numeri, venerdì durante la serata informativa “Parliamo di carcere. Il punto sulla situazione dell’esecuzione penale in Italia”, è stata la garante dei detenuti del comune di Verbania, Silvia Magistrini. «La gran parte detenuti – ha spiegato – chiede di poter lavorare. Purtroppo, sia per la crisi economica che per i tagli all’amministrazione penitenziaria, le possibilità sono ridotte al minimo». Il carcere di Verbania, inoltre, ha un’altra particolarità, ha aggiunto Magistrini: «In controtendenza con la media nazionale, e in forma più accentuata rispetto a quella piemontese, i detenuti a Verbania sono in maggioranza italiani. E, fra gli stranieri, prevalgono gli ucraini e altre nazionalità dell’ex-Unione sovietica. Non i magrebini o nazionalità africane come nel resto d’Italia». Questo facilita l’integrazione fra condannati a diverse pene, è intervenuto il comandante del carcere, Domenico La Gala. Non fra i comuni e gli altri, che devono essere per legge separati, ma tra quelli che la normativa impone vivano separatamente dagli altri: «E’ accaduto ad esempio che un sex offendere e uno stalker abbiano deciso di dividere la cella. Certo, la condivisione degli spazi con i detenuti comuni non è possibile». Che la situazione a Verbania sia migliore rispetto alla media l’ha riconosciuto Bruno Mellano (Radicali Italiani), già consigliere regionale e deputato (lista Bonino), oggi garante dei detenuti della Regione Piemonte: «Qui è stato possibile ristrutturare le celle dotandole di docce, a differenza di altri istituti in cemento armato i cui bagni versano in condizioni tali che l’Asl responsabile di quei territori, se facesse un sopralluogo, li dichiarerebbe inagibili. Il problema è quello della mancanza di spazi per poter svolgere attività all’interno del carcere che il personale di custodia non è in grado di risolvere». A dare una mano ci sono i volontari dell’associazione “Camminare insieme”. «Noi – ha raccontato la presidente, Anna Maria Gadda - facciamo quel che possiamo. Forniamo i generi di prima necessità ai più indigenti che non hanno nemmeno i ricambi d’abito. Organizziamo la biblioteca, il cineforum, cerchiamo di portare il carcere fuori dalla città. Di combattere il pregiudizio dei più che ci dicono “Ma con tutto il bene che c’è da fare, proprio a quelli dovete dare una mano!”. Ogni tanto arriva qualche soddisfazione. Come quel sex-offender che, dopo un colloquio con la psicologa m’ha detto, e mi scuso per il linguaggio forte ma sono le sue esatte parole: “Finalmente ho capito che le donne sono solo da picchiare e da f…”. Mi piace pensare che quando tornerà libero ne terrà conto».

A portare i saluti del comune, a inizio serata, Marinella Franzetti, vicesindaco e assessore alle Politiche sociali, che da presidente del Gruppo Abele di Verbania ha al suo attivo diversi anni di volontariato all’interno del carcere.

Mauro Rampinini

VERBANIA   Sono 67 i detenuti ospiti del carcere in via Castelli. Di questi, 34 sono comuni, in prevalenza residenti a Verbania e provincia; 12 gay condannati per reati sessuali, 11 stalker, 10 ex-appartenenti alle forze dell’ordine. Di questi soltanto 13 lavorano: 5 alla pasticceria della “Banda Biscotti” o al ristorante sociale di villa Olimpia gestito dalla cooperativa “Divieto di Sosta”, 8 in lavori interni (pulizia, piccole manutenzioni) all’interno del carcere. A fornire i numeri, venerdì durante la serata informativa “Parliamo di carcere. Il punto sulla situazione dell’esecuzione penale in Italia”, è stata la garante dei detenuti del comune di Verbania, Silvia Magistrini. «La gran parte detenuti – ha spiegato – chiede di poter lavorare. Purtroppo, sia per la crisi economica che per i tagli all’amministrazione penitenziaria, le possibilità sono ridotte al minimo». Il carcere di Verbania, inoltre, ha un’altra particolarità, ha aggiunto Magistrini: «In controtendenza con la media nazionale, e in forma più accentuata rispetto a quella piemontese, i detenuti a Verbania sono in maggioranza italiani. E, fra gli stranieri, prevalgono gli ucraini e altre nazionalità dell’ex-Unione sovietica. Non i magrebini o nazionalità africane come nel resto d’Italia». Questo facilita l’integrazione fra condannati a diverse pene, è intervenuto il comandante del carcere, Domenico La Gala. Non fra i comuni e gli altri, che devono essere per legge separati, ma tra quelli che la normativa impone vivano separatamente dagli altri: «E’ accaduto ad esempio che un sex offendere e uno stalker abbiano deciso di dividere la cella. Certo, la condivisione degli spazi con i detenuti comuni non è possibile». Che la situazione a Verbania sia migliore rispetto alla media l’ha riconosciuto Bruno Mellano (Radicali Italiani), già consigliere regionale e deputato (lista Bonino), oggi garante dei detenuti della Regione Piemonte: «Qui è stato possibile ristrutturare le celle dotandole di docce, a differenza di altri istituti in cemento armato i cui bagni versano in condizioni tali che l’Asl responsabile di quei territori, se facesse un sopralluogo, li dichiarerebbe inagibili. Il problema è quello della mancanza di spazi per poter svolgere attività all’interno del carcere che il personale di custodia non è in grado di risolvere». A dare una mano ci sono i volontari dell’associazione “Camminare insieme”. «Noi – ha raccontato la presidente, Anna Maria Gadda - facciamo quel che possiamo. Forniamo i generi di prima necessità ai più indigenti che non hanno nemmeno i ricambi d’abito. Organizziamo la biblioteca, il cineforum, cerchiamo di portare il carcere fuori dalla città. Di combattere il pregiudizio dei più che ci dicono “Ma con tutto il bene che c’è da fare, proprio a quelli dovete dare una mano!”. Ogni tanto arriva qualche soddisfazione. Come quel sex-offender che, dopo un colloquio con la psicologa m’ha detto, e mi scuso per il linguaggio forte ma sono le sue esatte parole: “Finalmente ho capito che le donne sono solo da picchiare e da f…”. Mi piace pensare che quando tornerà libero ne terrà conto».

A portare i saluti del comune, a inizio serata, Marinella Franzetti, vicesindaco e assessore alle Politiche sociali, che da presidente del Gruppo Abele di Verbania ha al suo attivo diversi anni di volontariato all’interno del carcere.

Mauro Rampinini