Ultimo commosso saluto a Paolo Viviani nella ‘sua’ Cerano

Ultimo commosso saluto a Paolo Viviani nella ‘sua’ Cerano
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NOVARA, In chiesa, per l’ultimo saluto ai tanti suoi amici, ai suoi colleghi, alla sua famiglia, all’amata Lalla e agli adorati figli Lucrezia ed Eugenio, anche due canzoni dei suoi due cantautori preferiti, Francesco Guccini con la splendida “Lettera” e Roberto Vecchioni con un altro brano toccante e pieno di significati e di dolcezza, ossia “Canzone da lontano”. Proprio sulle note di questa canzone, la moglie Lalla, i figli e i sacerdoti che hanno celebrato le esequie, si sono stretti mano nella mano e hanno tributato il loro ultimo saluto a Paolo Viviani, giornalista del Corriere di Novara, scomparso martedì sera a soli 53 anni, dopo sei mesi di lotta («una vera e propria partita a scacchi con la morte» l’ha definita uno dei concelebranti, parroco di Stresa e famigliare di Viviani) con un tumore al pancreas, scoperto nei primissimi giorni di agosto.Grande la commozione, nella chiesa parrocchiale di Cerano, per i funerali di un giornalista che è stato una delle colonne portanti del Corriere di Novara, dove Viviani era entrato giovanissimo e dove ha lavorato per 34 anni. Un traguardo tagliato proprio in questi mesi di battaglia contro il male, una malattia che il giornalista ha affrontato da guerriero, raccontando le varie tappe, le speranze, i dubbi, le angosce, anche sul proprio profilo Facebook. Sempre puntuale, sempre diretto, senza fronzoli. A chi, in queste settimane, rispondeva a qualche mail, a qualche messaggio lasciato sul cellulare, diceva la verità, pur se terribile, pur se difficile da digerire. “Guarda, non ci sono più speranze” aveva scritto il 3 febbraio a una collega che lo invitava a farcela, a riprendersi, perché voleva rivederlo attivo in redazione. Un colpo al cuore per chi gli ha voluto bene e difficilmente lo dimenticherà. Ma del resto lui era così: mai banale, mai scontato e sempre, sempre, diretto. Non era tipo da mezze verità: da giornalista andava a fondo su ogni tema che doveva seguire e così ha fatto nella sua vita. Vero e diretto, anche di fronte a notizie che nessuno vorrebbe mai ascoltare. Con grande serenità ha fatto sapere che stava morendo, che non c’era più nulla da fare. La verità sino in fondo, pur se dura.Si è preparato alla morte, cercando di preparare anche chi lo conosceva, dai suoi famigliari ai suoi amici. E ha preparato tutto, come ricordato in chiesa dal parroco di Stresa. “Era riuscito a tornare a casa ancora una volta, l’ultimo giorno. Non voleva forse lasciare nulla al caso. Preciso come sempre, come nei suoi pezzi, sempre attenti ai fatti di cronaca e alla gente, che, anche silenziosamente, ha sempre aiutato”.E la gente gli ha voluto davvero tanto bene. La chiesa, che si trova proprio di fronte all’abitazione di Viviani, era gremita di persone. Tra loro anche tante istituzioni, dal sindaco di Cerano Flavio Gatti al primo cittadino di Novara, Alessandro Canelli, passando per il prefetto, il questore, il comandante provinciale dei Carabinieri e tanti tantissimi altri.

Monica Curino(FOTO MARTIGNONI)

NOVARA, In chiesa, per l’ultimo saluto ai tanti suoi amici, ai suoi colleghi, alla sua famiglia, all’amata Lalla e agli adorati figli Lucrezia ed Eugenio, anche due canzoni dei suoi due cantautori preferiti, Francesco Guccini con la splendida “Lettera” e Roberto Vecchioni con un altro brano toccante e pieno di significati e di dolcezza, ossia “Canzone da lontano”. Proprio sulle note di questa canzone, la moglie Lalla, i figli e i sacerdoti che hanno celebrato le esequie, si sono stretti mano nella mano e hanno tributato il loro ultimo saluto a Paolo Viviani, giornalista del Corriere di Novara, scomparso martedì sera a soli 53 anni, dopo sei mesi di lotta («una vera e propria partita a scacchi con la morte» l’ha definita uno dei concelebranti, parroco di Stresa e famigliare di Viviani) con un tumore al pancreas, scoperto nei primissimi giorni di agosto.Grande la commozione, nella chiesa parrocchiale di Cerano, per i funerali di un giornalista che è stato una delle colonne portanti del Corriere di Novara, dove Viviani era entrato giovanissimo e dove ha lavorato per 34 anni. Un traguardo tagliato proprio in questi mesi di battaglia contro il male, una malattia che il giornalista ha affrontato da guerriero, raccontando le varie tappe, le speranze, i dubbi, le angosce, anche sul proprio profilo Facebook. Sempre puntuale, sempre diretto, senza fronzoli. A chi, in queste settimane, rispondeva a qualche mail, a qualche messaggio lasciato sul cellulare, diceva la verità, pur se terribile, pur se difficile da digerire. “Guarda, non ci sono più speranze” aveva scritto il 3 febbraio a una collega che lo invitava a farcela, a riprendersi, perché voleva rivederlo attivo in redazione. Un colpo al cuore per chi gli ha voluto bene e difficilmente lo dimenticherà. Ma del resto lui era così: mai banale, mai scontato e sempre, sempre, diretto. Non era tipo da mezze verità: da giornalista andava a fondo su ogni tema che doveva seguire e così ha fatto nella sua vita. Vero e diretto, anche di fronte a notizie che nessuno vorrebbe mai ascoltare. Con grande serenità ha fatto sapere che stava morendo, che non c’era più nulla da fare. La verità sino in fondo, pur se dura.Si è preparato alla morte, cercando di preparare anche chi lo conosceva, dai suoi famigliari ai suoi amici. E ha preparato tutto, come ricordato in chiesa dal parroco di Stresa. “Era riuscito a tornare a casa ancora una volta, l’ultimo giorno. Non voleva forse lasciare nulla al caso. Preciso come sempre, come nei suoi pezzi, sempre attenti ai fatti di cronaca e alla gente, che, anche silenziosamente, ha sempre aiutato”.E la gente gli ha voluto davvero tanto bene. La chiesa, che si trova proprio di fronte all’abitazione di Viviani, era gremita di persone. Tra loro anche tante istituzioni, dal sindaco di Cerano Flavio Gatti al primo cittadino di Novara, Alessandro Canelli, passando per il prefetto, il questore, il comandante provinciale dei Carabinieri e tanti tantissimi altri.

Monica Curino(FOTO MARTIGNONI)

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