Ahmadreza Djalali: la moglie incontra il rettore dell'Upo
Emanuel: "Siamo tutti convinti dell’innocenza di Ahmad"

Ahmadreza Djalali: la moglie incontra il rettore dell'Upo.
Ahmadreza Djalali
Profondamente triste ma determinata a non smettere di lottare. Si può riassumere così la stato d’animo di Vida Mehrannia, moglie del ricercatore iraniano Ahmadreza Djalali accusato di spionaggio e recluso nel carcere di Evin, in Iran, dall’aprile del 2016. La donna ha incontrato a Vercelli il rettore dell’Università del Piemonte Orientale Cesare Emanuel, il 6 luglio. Hanno partecipato anche i più stretti collaboratori di Ahmad del Crimedim e cioè il direttore del centro di ricerca Upo specializzato nella medicina d’emergenza e dei disastri Francesco Della Corte e Luca Ragazzoni. Presente inoltre Elena Ferrara, già senatrice, da sempre in prima linea per Ahmad.
La moglie
«Voglio ringraziare – ha detto Vida Mehrannia – l’Università, le comunità che la ospitano, il suo rettore e tutte le persone, come i suoi ex colleghi e come la senatrice Ferrara, che dall’Italia e con ogni mezzo sono stati vicini ad Ahmad e alla mia famiglia in questi mesi lunghissimi. Sebbene nell’ultimo periodo riusciamo a comunicare telefonicamente con Ahmad quasi tutti i giorni, le sue condizioni di salute restano molto precarie e non ci è concesso di incontrarlo. Ha difficoltà a curarsi e vive con altri otto detenuti in uno spazio limitato. Allo stato attuale non ci è stata fornita alcuna prova reale che dimostri le accuse che gli sono rivolte.»
Il rettore
Emanuel ha espresso la vicinanza di tutto l’Ateneo alla famiglia Djalali. «Il nostro pensiero va soprattutto ai due figli di Vida e Ahmad che hanno il diritto di crescere al fianco dei propri genitori. Siamo tutti convinti dell’innocenza di Ahmad e l'Upo continuerà a opporsi a questa situazione inaccettabile». Elena Ferrara ha ricordato quanto fatto: «La nostra lotta per liberare Ahmad va avanti da Novara fino alle più alte istituzioni internazionali. L'attenzione su questo caso non deve diminuire». «Sono convinto – ha detto Della Corte – che Ahmad sia vivo e possa ancora lottare grazie alla mobilitazione internazionale. Questa, dall’Upo, ha coinvolto il mondo della politica, della ricerca accademica, di Amnesty International nonché svariate migliaia di cittadini con la campagna #saveahmad. Di certo non ci fermeremo proprio ora».