Costretta a prostituirsi con botte e minacce: in aula i suoceri
La testimonianza in aula di una giovane novarese

Costretta a prostituirsi con botte e minacce: in aula i suoceri.
Costretta a prostituirsi
Sul banco degli imputati, chiamati a rispondere delle accuse di maltrattamenti, lesioni e sfruttamento della prostituzione ci sono i suoceri, di una ngiovane donna novarese. Il marito è già stato processato, e condannato in primo grado, per le medesime accuse. «Mi prostituivo sulla statale per Arona, mi accompagnavano loro in macchina; guadagnavo 400, 500 euro a sera ma i soldi li dovevo dare in casa, e se non li davo me li prendevano dalla borsa, a me non lasciavano neanche gli spiccioli per il caffè. Era lei, mia suocera a chiedermeli; mi picchiava, mi buttava fuori di casa e mi diceva “devi andare perché devi portare a casa i soldi per pagare l’affitto”. Se io davo subito i soldi tutto era tranquillo ma se cercavo di difendermi mi picchiavano».
Sulla strada
«Sono rimasta incinta, ma ho dovuto continuare ad andare in strada fino all'ottavo mese di gravidanza. Quando è nata la mia bambina volevo portarla da mia mamma: mi hanno fatto i biglietti di andata e ritorno, ma al momento della partenza mi hanno impedito di portarla. Ho dovuto lasciarla ai miei suoceri e dieci giorni dopo, quando sono rientrata, ho trovato mia figlia dimagrita, bianca, stava male, non la cambiavano e le era venuta anche una dermatite». Si torna in aula a gennaio.