Al Castello di Novara le Stanze d’arte di Vittorio Sgarbi

Al Castello di Novara le Stanze d’arte di Vittorio Sgarbi
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NOVARA - «Un’avventura che parla di passione e ricerca. Di amore per l’arte e la cultura. L’avventura di una vita». Quella che ha portato il critico d’arte Vittorio Sgarbi a collezionare quadri e sculture. «Da condividere con gli altri». Sono i preziosi oggetti che stanno girando il mondo. Prima in Messico, poi nelle Marche e a Trieste, ora a Novara. Da oggi, giovedì 21 settembre, porte aperte alla mostra “Dal Rinascimento al Neoclassico. Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi” allestita nell’ala nord del rinato Castello. Prodotta dalla Fondazione Castello di Novara con il patrocinio di Regione Piemonte, Comune e Fondazione Cavallini Sgarbi, è curata da Pietro Natale. Oltre 120 opere tra dipinti, disegni e sculture per raccontare la geografia artistica del nostro Paese, dal Quattro all’Ottocento. Dopo oltre dieci anni di cantiere il Castello rinasce e accoglie nelle sue stanze (dieci le sale dell’allestimento) la collezione d’arte della Fondazione Cavallini Sgarbi: la mostra, dedicata a Rina Cavallini, madre di Sgarbi a cui lo univa la passione per l’arte, offre un’ampia panoramica che punta la luce sulle principali scuole italiane: da quella lombarda a quella marchiagina, passando per quelle veneta, ferrarese, emiliana e romagnola, toscana e romana. Grandi nomi e autori meno noti a declinare quella Bellezza che Sgarbi cerca nelle opere d’arte, a cui si è avvicinato dopo aver collezionato libri antichi. 
 Arrivato all’inaugurazione in abbondante ritardo («si è perso per colpa del navigatore» lo giustifica il sindaco Alessandro Canelli, mentre lui, il critico, si scusa dicendo che pensava fosse una conferenza stampa «con una decina di giornalisti» e non con «la casta» che si trova davanti), Sgarbi parte subito in quarta. Elogia Novara, che ha tappezzato ogni angolo di manifesti: «A Trieste, dove ho trovato solo gente addormentata, ce n’era uno. E al confronto la vostra città sembra Parigi». Racconta la sua passione per l’arte. «Sono andato a caccia di donne e di quadri. Con le prime ho sbagliato, con i secondi non mi posso permettere errori. Tutte le opere, quella della mia collezione, sono a prova di critico. Ciò che ho guadagnato l’ho speso in opere d’arte». 
Eleonora Groppetti

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NOVARA - «Un’avventura che parla di passione e ricerca. Di amore per l’arte e la cultura. L’avventura di una vita». Quella che ha portato il critico d’arte Vittorio Sgarbi a collezionare quadri e sculture. «Da condividere con gli altri». Sono i preziosi oggetti che stanno girando il mondo. Prima in Messico, poi nelle Marche e a Trieste, ora a Novara. Da oggi, giovedì 21 settembre, porte aperte alla mostra “Dal Rinascimento al Neoclassico. Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi” allestita nell’ala nord del rinato Castello. Prodotta dalla Fondazione Castello di Novara con il patrocinio di Regione Piemonte, Comune e Fondazione Cavallini Sgarbi, è curata da Pietro Natale. Oltre 120 opere tra dipinti, disegni e sculture per raccontare la geografia artistica del nostro Paese, dal Quattro all’Ottocento. Dopo oltre dieci anni di cantiere il Castello rinasce e accoglie nelle sue stanze (dieci le sale dell’allestimento) la collezione d’arte della Fondazione Cavallini Sgarbi: la mostra, dedicata a Rina Cavallini, madre di Sgarbi a cui lo univa la passione per l’arte, offre un’ampia panoramica che punta la luce sulle principali scuole italiane: da quella lombarda a quella marchiagina, passando per quelle veneta, ferrarese, emiliana e romagnola, toscana e romana. Grandi nomi e autori meno noti a declinare quella Bellezza che Sgarbi cerca nelle opere d’arte, a cui si è avvicinato dopo aver collezionato libri antichi. 
 Arrivato all’inaugurazione in abbondante ritardo («si è perso per colpa del navigatore» lo giustifica il sindaco Alessandro Canelli, mentre lui, il critico, si scusa dicendo che pensava fosse una conferenza stampa «con una decina di giornalisti» e non con «la casta» che si trova davanti), Sgarbi parte subito in quarta. Elogia Novara, che ha tappezzato ogni angolo di manifesti: «A Trieste, dove ho trovato solo gente addormentata, ce n’era uno. E al confronto la vostra città sembra Parigi». Racconta la sua passione per l’arte. «Sono andato a caccia di donne e di quadri. Con le prime ho sbagliato, con i secondi non mi posso permettere errori. Tutte le opere, quella della mia collezione, sono a prova di critico. Ciò che ho guadagnato l’ho speso in opere d’arte». 
Eleonora Groppetti

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