“Sotto le bombe ho capito i valori della vita”

“Sono molto cambiato da quando ho fatto l’esperienza di cappellano militare nelle zone di guerra in Ucraina. Dopo essere stato sotto i bombardamenti ho capito i valori veri della vita”. Così padre Yuriy Ivanyuta, 37 anni, originario di Ternopil, città dell’Ucraina occidentale, e dal 2002 sacerdote per la comunità dei connazionali cristiani di rito bizantino che vivono a Novara. Le funzioni si tengono nella chiesa del Carmine in centro città, che la Diocesi ha affidato dal 2009 alla Comunità Ucraina. La chiesa è decorata da una serie di bellissime icone fatte realizzare in Italia per opera dello stesso padre Yuriy. Il 7 gennaio scorso si è tenuta la cerimonia per il santo Natale che da questa chiesa cristiana viene celebrata appunto in un momento diverso rispetto al 25 dicembre.
Un momento di gioia offuscato però dalla difficile situazione che sta vivendo l’Ucraina: nella parte orientale del paese, nella zona di Donetsk e Lugansk, sono infatti ancora in corso i combattimenti tra i separatisti filorussi e l’esercito regolare.
“L’inizio degli scontri a Kiev (a novembre 2013, ndr) hanno una causa economica più che politica – spiega padre Yuriy - La popolazione aveva voglia di cambiare il paese”. Ricordiamo che le proteste iniziarono a seguito della decisione del Governo di sospendere un accordo commerciale tra Ucraina e Unione europea, a favore di relazioni economiche più strette con la Russia. In piazza Maidan ci fu un’escalation di violenza che culminò a febbraio 2014 con circa 100 morti e centinaia di feriti. “Dopo la fuga del presidente (Viktor Janukovyc, ndr)
e del governo in Russia – continua padre Yuriy – seguirono un paio di settimane in cui il paese non aveva guida. Proprio in quel momento la Russia annesse la Crimea. Fino a quel punto consideravamo la Russia come un paese amico, poi non fu più così. Ci era stato strappato un pezzo di paese: dopo sono iniziati gli scontri nell’Ucraina orientale con i separatisti manipolati dalla Russia. Si tratta di una guerra ibrida nella quale sono coinvolte non solo le forze armate ma anche la diplomazia, i mass media, i social network. Purtroppo il mondo ha reagito molto lentamente a questo conflitto e paradossalmente ha fatto più rumore la tragedia dell’aereo della Malaysia Airlines, a causa della quale hanno perso la vita 300 persone, piuttosto che le migliaia che sono morte, sono rimaste ferite o hanno dovuto scappare dalle proprie case a causa del conflitto. La Russia continua a negare la partecipazione alla guerra ma mantiene il controllo della Crimea ed inoltre non sa come rispondere alla domanda su come facciano i separatisti a rifornirsi di armi potenti e carri armati”. A questo proposito il giovane prete cita un passo della Bibbia: “Satana è il padre di ogni menzogna”. In questa difficile situazione tanti ucraini hanno deciso di arruolarsi per difendere la propria patria: “Tra questi anche mio cognato da agosto 2014 e poi mio cugino da maggio 2015. Per me sono come fratelli e non potevo rimanere insensibile e non fare nulla. Ho deciso quindi di dare la mia disponibilità come cappellano nelle zone di guerra. Ho fatto un primo turno da inizio agosto fino a metà settembre 2015. Vivere sotto i bombardamenti è stata un’esperienza veramente forte, tanto che quando sono tornato non riuscivo più a riprendere il ritmo di vita normale. Vivendo con i militari nei loro bunker ho imparato quanto è importante aiutarsi l’un con l’altro, non essere egoisti. Sono stato a Kramatorsk, a Popasna e ho viaggiato molto anche in altre località, c’erano combattimenti ogni giorno. Sono tornato poi per un secondo turno da fine novembre a fine dicembre. Il mio ruolo è quello di parlare con i soldati, cercare di farli aprire oltre al fatto di essere il loro punto di riferimento spirituale. In Ucraina ci sono cinque diverse chiese ma loro erano tutti uniti nella fede e io ero considerato uno di loro, ero il loro cappellano. Cercavo anche di stabilire dei contatti con la popolazione locale divisa tra coloro che sono pro Ucraina e pro Russia. In generale tutte le chiese ucraine sono unite a pregare per il ritorno della pace, tranne la Chiesa ortodossa di Mosca che appoggia apertamente i separatisti”. “I soldati parlano pochissimo: ricordo un viaggio a Mariupol con una squadra di sminatori durato sei ore in cui nessuno ha detto una parola. I soldati sanno cosa devono fare, sono convinti nella loro missione di proteggere il paese e sono sereni in questa ferma volontà. In Ucraina si usa spesso la frase: “Se ognuno fa bene quel poco che deve fare alla fine tutto andrà bene”. Ma il problema non è solo al fronte: “Come in tutti i conflitti molti che tornano a casa non riescono a tornare alla vita normale e l’alcolismo e i suicidi sono molto aumentati. La Russia non si aspettava questa resistenza da parte dell’Ucraina, la guerra è una tragedia ma ha contribuito a rafforzare la nostra identità nazionale”. Infatti oltre alla risposta militare si è anche creata una forte realtà di volontariato per sostenere l’esercito e le popolazioni colpite dalla guerra: “Anche qui a Novara ci sono due gruppi di volontari. Ogni aiuto da parte di cittadini novaresi che volessero portare vestiti o contributi è il benvenuto qui alla chiesa del Carmine”. “La guerra porta morte, dolore, e tutti noi speriamo che tutto questo finisca presto – conclude padre Yuriy – Prima non sapevamo apprezzare la pace, ora che non c’è abbiamo capito veramente quanto è importante”.
Valentina Sarmenghi
“Sono molto cambiato da quando ho fatto l’esperienza di cappellano militare nelle zone di guerra in Ucraina. Dopo essere stato sotto i bombardamenti ho capito i valori veri della vita”. Così padre Yuriy Ivanyuta, 37 anni, originario di Ternopil, città dell’Ucraina occidentale, e dal 2002 sacerdote per la comunità dei connazionali cristiani di rito bizantino che vivono a Novara. Le funzioni si tengono nella chiesa del Carmine in centro città, che la Diocesi ha affidato dal 2009 alla Comunità Ucraina. La chiesa è decorata da una serie di bellissime icone fatte realizzare in Italia per opera dello stesso padre Yuriy. Il 7 gennaio scorso si è tenuta la cerimonia per il santo Natale che da questa chiesa cristiana viene celebrata appunto in un momento diverso rispetto al 25 dicembre.
Un momento di gioia offuscato però dalla difficile situazione che sta vivendo l’Ucraina: nella parte orientale del paese, nella zona di Donetsk e Lugansk, sono infatti ancora in corso i combattimenti tra i separatisti filorussi e l’esercito regolare.
“L’inizio degli scontri a Kiev (a novembre 2013, ndr) hanno una causa economica più che politica – spiega padre Yuriy - La popolazione aveva voglia di cambiare il paese”. Ricordiamo che le proteste iniziarono a seguito della decisione del Governo di sospendere un accordo commerciale tra Ucraina e Unione europea, a favore di relazioni economiche più strette con la Russia. In piazza Maidan ci fu un’escalation di violenza che culminò a febbraio 2014 con circa 100 morti e centinaia di feriti. “Dopo la fuga del presidente (Viktor Janukovyc, ndr)
e del governo in Russia – continua padre Yuriy – seguirono un paio di settimane in cui il paese non aveva guida. Proprio in quel momento la Russia annesse la Crimea. Fino a quel punto consideravamo la Russia come un paese amico, poi non fu più così. Ci era stato strappato un pezzo di paese: dopo sono iniziati gli scontri nell’Ucraina orientale con i separatisti manipolati dalla Russia. Si tratta di una guerra ibrida nella quale sono coinvolte non solo le forze armate ma anche la diplomazia, i mass media, i social network. Purtroppo il mondo ha reagito molto lentamente a questo conflitto e paradossalmente ha fatto più rumore la tragedia dell’aereo della Malaysia Airlines, a causa della quale hanno perso la vita 300 persone, piuttosto che le migliaia che sono morte, sono rimaste ferite o hanno dovuto scappare dalle proprie case a causa del conflitto. La Russia continua a negare la partecipazione alla guerra ma mantiene il controllo della Crimea ed inoltre non sa come rispondere alla domanda su come facciano i separatisti a rifornirsi di armi potenti e carri armati”. A questo proposito il giovane prete cita un passo della Bibbia: “Satana è il padre di ogni menzogna”. In questa difficile situazione tanti ucraini hanno deciso di arruolarsi per difendere la propria patria: “Tra questi anche mio cognato da agosto 2014 e poi mio cugino da maggio 2015. Per me sono come fratelli e non potevo rimanere insensibile e non fare nulla. Ho deciso quindi di dare la mia disponibilità come cappellano nelle zone di guerra. Ho fatto un primo turno da inizio agosto fino a metà settembre 2015. Vivere sotto i bombardamenti è stata un’esperienza veramente forte, tanto che quando sono tornato non riuscivo più a riprendere il ritmo di vita normale. Vivendo con i militari nei loro bunker ho imparato quanto è importante aiutarsi l’un con l’altro, non essere egoisti. Sono stato a Kramatorsk, a Popasna e ho viaggiato molto anche in altre località, c’erano combattimenti ogni giorno. Sono tornato poi per un secondo turno da fine novembre a fine dicembre. Il mio ruolo è quello di parlare con i soldati, cercare di farli aprire oltre al fatto di essere il loro punto di riferimento spirituale. In Ucraina ci sono cinque diverse chiese ma loro erano tutti uniti nella fede e io ero considerato uno di loro, ero il loro cappellano. Cercavo anche di stabilire dei contatti con la popolazione locale divisa tra coloro che sono pro Ucraina e pro Russia. In generale tutte le chiese ucraine sono unite a pregare per il ritorno della pace, tranne la Chiesa ortodossa di Mosca che appoggia apertamente i separatisti”. “I soldati parlano pochissimo: ricordo un viaggio a Mariupol con una squadra di sminatori durato sei ore in cui nessuno ha detto una parola. I soldati sanno cosa devono fare, sono convinti nella loro missione di proteggere il paese e sono sereni in questa ferma volontà. In Ucraina si usa spesso la frase: “Se ognuno fa bene quel poco che deve fare alla fine tutto andrà bene”. Ma il problema non è solo al fronte: “Come in tutti i conflitti molti che tornano a casa non riescono a tornare alla vita normale e l’alcolismo e i suicidi sono molto aumentati. La Russia non si aspettava questa resistenza da parte dell’Ucraina, la guerra è una tragedia ma ha contribuito a rafforzare la nostra identità nazionale”. Infatti oltre alla risposta militare si è anche creata una forte realtà di volontariato per sostenere l’esercito e le popolazioni colpite dalla guerra: “Anche qui a Novara ci sono due gruppi di volontari. Ogni aiuto da parte di cittadini novaresi che volessero portare vestiti o contributi è il benvenuto qui alla chiesa del Carmine”. “La guerra porta morte, dolore, e tutti noi speriamo che tutto questo finisca presto – conclude padre Yuriy – Prima non sapevamo apprezzare la pace, ora che non c’è abbiamo capito veramente quanto è importante”.
Valentina Sarmenghi
“Sono molto cambiato da quando ho fatto l’esperienza di cappellano militare nelle zone di guerra in Ucraina. Dopo essere stato sotto i bombardamenti ho capito i valori veri della vita”. Così padre Yuriy Ivanyuta, 37 anni, originario di Ternopil, città dell’Ucraina occidentale, e dal 2002 sacerdote per la comunità dei connazionali cristiani di rito bizantino che vivono a Novara. Le funzioni si tengono nella chiesa del Carmine in centro città, che la Diocesi ha affidato dal 2009 alla Comunità Ucraina. La chiesa è decorata da una serie di bellissime icone fatte realizzare in Italia per opera dello stesso padre Yuriy. Il 7 gennaio scorso si è tenuta la cerimonia per il santo Natale che da questa chiesa cristiana viene celebrata appunto in un momento diverso rispetto al 25 dicembre.
Un momento di gioia offuscato però dalla difficile situazione che sta vivendo l’Ucraina: nella parte orientale del paese, nella zona di Donetsk e Lugansk, sono infatti ancora in corso i combattimenti tra i separatisti filorussi e l’esercito regolare.
“L’inizio degli scontri a Kiev (a novembre 2013, ndr) hanno una causa economica più che politica – spiega padre Yuriy - La popolazione aveva voglia di cambiare il paese”. Ricordiamo che le proteste iniziarono a seguito della decisione del Governo di sospendere un accordo commerciale tra Ucraina e Unione europea, a favore di relazioni economiche più strette con la Russia. In piazza Maidan ci fu un’escalation di violenza che culminò a febbraio 2014 con circa 100 morti e centinaia di feriti. “Dopo la fuga del presidente (Viktor Janukovyc, ndr)
e del governo in Russia – continua padre Yuriy – seguirono un paio di settimane in cui il paese non aveva guida. Proprio in quel momento la Russia annesse la Crimea. Fino a quel punto consideravamo la Russia come un paese amico, poi non fu più così. Ci era stato strappato un pezzo di paese: dopo sono iniziati gli scontri nell’Ucraina orientale con i separatisti manipolati dalla Russia. Si tratta di una guerra ibrida nella quale sono coinvolte non solo le forze armate ma anche la diplomazia, i mass media, i social network. Purtroppo il mondo ha reagito molto lentamente a questo conflitto e paradossalmente ha fatto più rumore la tragedia dell’aereo della Malaysia Airlines, a causa della quale hanno perso la vita 300 persone, piuttosto che le migliaia che sono morte, sono rimaste ferite o hanno dovuto scappare dalle proprie case a causa del conflitto. La Russia continua a negare la partecipazione alla guerra ma mantiene il controllo della Crimea ed inoltre non sa come rispondere alla domanda su come facciano i separatisti a rifornirsi di armi potenti e carri armati”. A questo proposito il giovane prete cita un passo della Bibbia: “Satana è il padre di ogni menzogna”. In questa difficile situazione tanti ucraini hanno deciso di arruolarsi per difendere la propria patria: “Tra questi anche mio cognato da agosto 2014 e poi mio cugino da maggio 2015. Per me sono come fratelli e non potevo rimanere insensibile e non fare nulla. Ho deciso quindi di dare la mia disponibilità come cappellano nelle zone di guerra. Ho fatto un primo turno da inizio agosto fino a metà settembre 2015. Vivere sotto i bombardamenti è stata un’esperienza veramente forte, tanto che quando sono tornato non riuscivo più a riprendere il ritmo di vita normale. Vivendo con i militari nei loro bunker ho imparato quanto è importante aiutarsi l’un con l’altro, non essere egoisti. Sono stato a Kramatorsk, a Popasna e ho viaggiato molto anche in altre località, c’erano combattimenti ogni giorno. Sono tornato poi per un secondo turno da fine novembre a fine dicembre. Il mio ruolo è quello di parlare con i soldati, cercare di farli aprire oltre al fatto di essere il loro punto di riferimento spirituale. In Ucraina ci sono cinque diverse chiese ma loro erano tutti uniti nella fede e io ero considerato uno di loro, ero il loro cappellano. Cercavo anche di stabilire dei contatti con la popolazione locale divisa tra coloro che sono pro Ucraina e pro Russia. In generale tutte le chiese ucraine sono unite a pregare per il ritorno della pace, tranne la Chiesa ortodossa di Mosca che appoggia apertamente i separatisti”. “I soldati parlano pochissimo: ricordo un viaggio a Mariupol con una squadra di sminatori durato sei ore in cui nessuno ha detto una parola. I soldati sanno cosa devono fare, sono convinti nella loro missione di proteggere il paese e sono sereni in questa ferma volontà. In Ucraina si usa spesso la frase: “Se ognuno fa bene quel poco che deve fare alla fine tutto andrà bene”. Ma il problema non è solo al fronte: “Come in tutti i conflitti molti che tornano a casa non riescono a tornare alla vita normale e l’alcolismo e i suicidi sono molto aumentati. La Russia non si aspettava questa resistenza da parte dell’Ucraina, la guerra è una tragedia ma ha contribuito a rafforzare la nostra identità nazionale”. Infatti oltre alla risposta militare si è anche creata una forte realtà di volontariato per sostenere l’esercito e le popolazioni colpite dalla guerra: “Anche qui a Novara ci sono due gruppi di volontari. Ogni aiuto da parte di cittadini novaresi che volessero portare vestiti o contributi è il benvenuto qui alla chiesa del Carmine”. “La guerra porta morte, dolore, e tutti noi speriamo che tutto questo finisca presto – conclude padre Yuriy – Prima non sapevamo apprezzare la pace, ora che non c’è abbiamo capito veramente quanto è importante”.
Valentina Sarmenghi