Novara: a tu per tu con Letizia Mazzini, pioniera della ricerca sulla Sla
La neurologa lascia la pratica dopo una carriera dedicata alla cura dei pazienti con malattie del motoneurone, ma proseguirà il suo impegno nella ricerca

E' tempo di pensione per Letizia Mazzini, fino a pochi giorni fa direttore della Struttura complessa a direzione universitaria di Neurologia dell'AOU di Novara.
Novara: Letizia Mazzini, pioniera della ricerca sulla Sla
Nel suo Dna, da sempre, ci sono ricerca clinica e di base delle malattie dei motoneuroni. Suo, nel 2004, il primo studio al mondo di fase 1 autorizzato dall’Istituto Superiore di Sanità con trapianto di cellule staminali mesenchimali nei pazienti con Sla.
Lei è la dottoressa Letizia Mazzini, il cui percorso professionale medico, «fin dal terzo anno di università, è stato contraddistinto da questo interesse dedicato alla Sla, impegnandomi per creare la miglior assistenza possibile per chi è affetto da questa grave patologia».
Quel suo interesse, oggi che la dottoressa Mazzini saluta la professione «pratica ma non la ricerca» per "anagrafica", può essere letto riavvolgendo il nastro di una carriera che l'ha vista pioniera da quando «negli anni Ottanta, la medicina italiana non era ancora pronta ad affrontare questa patologia» e lei, di ritorno dagli Stati Uniti, è riuscita a intraprendere «un percorso innovativo, anche nel mio ruolo di donna- medico», fino ad arrivare alla nascita, nel 2004 a Novara, del Centro Sla che, soprattutto oggi, «rappresenta un punto di riferimento nazionale e internazionale per la diagnosi, la cura e la ricerca delle malattie del motoneurone».
In una carriera che la stessa Mazzini definisce «piena di ostacoli ma che ha saputo darmi molte soddisfazioni», la dottoressa non ha mai perso di vista gli obiettivi: «Unire la clinica neurologica alla ricerca clinica, riuscire a unificare in uno stesso team più specialisti per seguire i pazienti ma, soprattutto, la capacità umana di curare il paziente».
Se c'è un'eredità «deontologica oltre che professionale» da lasciare ai suoi studenti, Letizia Mazzini vuole sottolineare proprio questo aspetto: «Le nuove tecnologie - anche in campo chirurgico - ci aiutano, come medici, ad arrivare prima alla diagnosi e alle terapie ma non dobbiamo dimenticare che davanti a noi, a chiederci aiuto, non ci sono solo sintomi e quadri clinici; ci sono persone che hanno una vita e noi medici dobbiamo essere consapevoli che nessuna tecnologia potrà sostituire l'umanità del rapporto medico- paziente».
Infine, con la commozione di chi lascia la professione di una vita, Mazzini conclude con l'affetto rivolto a tutti i suoi pazienti che sono stati in grado, in questi lunghi anni, di «insegnarmi tanto, a partire da cosa vogliano dire forza di volontà e unione di una famiglia».