E’ arrivata martedì 15 luglio al tribunale di Verbania, la sentenza nei confronti di un postino del Verbano e del suo medico di base, con studio nell’Alto Verbano.
La storia
Entrambi erano chiamati a rispondere, a vario titolo, di false attestazioni, truffa aggravata ai danni dello Stato e corruzione. La gup Rosa Maria Fornelli li ha condannati rispettivamente a 3 anni e 3 anni e 8 mesi, oltre a pene accessorie quali l’interdizione dai pubblici uffici e l’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione per 5 anni.
Gli imputati, tramite i loro legali, avevano scelto il rito abbreviato, beneficiando dunque dello sconto di un terzo previsto dal codice. La gup Fornelli, va detto, ha riqualificato il capo di imputazione di false attestazioni in falso ideologico. Il medico di famiglia, secondo il primo grado, aveva dunque attestato la falsa depressione del portalettere, garantendogli così la mutua, ma in realtà quest’ultimo aveva lavorato in un bar di Verbania, sotto casa, gestito dal figlio. Bar che ha poi chiuso con le indagini. L’escamotage era stato utilizzato, secondo gli inquirenti, per un paio di anni (2022-2023). Il caso, con vasta eco, era scoppiato nel dicembre del 2023 quando, al termine dell’indagine ribattezzata “Ricette facili” condotta dal luogotenente Massimo Verzotto della sezione di pg dei carabinieri, coordinato dall’allora procuratrice Olimpia Bossi, i due erano stati tratti in arresto. Secondo quanto emerso, per il rilascio dei certificati il dottore sarebbe stato ricompensato con viaggi da e per Malpensa per fare ritorno e rientrare dal paese d’origine.
Una tesi, questa, che le difese hanno fermamente contestato. Le indagini erano partite dalle segnalazioni sulla presenza del portalettere nel locale del figlio, nonostante lo stato di malattia dichiarato. In casa del postino, inoltre, pare fosse stata trovata corrispondenza non distribuita. Nel processo conclusosi l’altro giorno che si è svolto a palazzo di giustizia di corso Europa a Pallanza, Poste italiane s’è costituita parte civile solo contro il portalettere, ottenendo una provvisionale di 9 mila euro. La gup Fornelli ha, però, restituito gli atti alla procura affinché valuti di procedere per truffa alle Poste anche nei confronti del medico, che nel frattempo ha fatto ritorno in Sicilia (non fa più parte dell’Asl Vco).
Durante la penultima udienza il procuratore capo Alessandro Pepè aveva chiesto la condanna a 6 anni del postino, e a 3 anni e 6 mesi del dottore. Gli imputati si erano sottoposti a interrogatorio. Il postino, difeso dagli avvocati Paolo Pinzone e Salvatore Farruggia, aveva spiegato di soffrire di stati d’ansia per via delle presunte vessazioni subite da colui che, con il suo esposto, ha avviato il procedimento penale. Si tratterebbe di un barista. Dal canto suo il medico, difeso dall’avvocato Clarissa Tacchini, aveva negato la corruzione, sostenendo che gli stati d’ansia del suo paziente li avrebbe percepiti anche da una semplice telefonata. Dopo il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado, che avverrà tra 90 giorni, l’impugnazione da parte dei difensori.
Così Tacchini al Corriere di Novara: “Sì, andremo in Appello perché non è mai stata fatta, nemmeno in fase istruttoria, una perizia che verificasse la tipologia di depressione del mio cliente. Ci si è basati soltanto sulle valutazioni di chi ha svolto le indagini, che vedeva il postino seduto al bar sotto casa. Ma il depresso lieve, lo dice anche la Cassazione, non solo non ha l’obbligo di stare chiuso tra le mura di casa, ma anzi è un bene se esce. Rilevo, poi, che non è mai emerso un accordo, nemmeno nelle intercettazioni, tra postino e medico e che è stato riscontrato un solo viaggio verso l’aeroporto, del costo di 11 euro”.