Rione Brabbia-Buzzurri di Castelletto in lutto per "Mario Rùss"
Mario Parachini era conosciuto soprattutto tra gli avventori del bar Belgio di via Caduti per la Libertà

Il rione Brabbia-Buzzurri di Castelletto Ticino piange la scomparsa di Mario Parachini, uno degli storici giocatori del mitico Torneo della Chiesetta.
Lutto nel rione castellettese
"Oggi ci ha lasciato Mario! Per tutti noi era Mario Rùss!! Per la sua chioma rossa nell'età della giovinezza! È un pezzo di storia del Bar Belgio che se ne va! Da sempre nostro cliente! Tutte le mattine il suo quotidiano preferito e il nostro caffè! Fino a qualche anno fa era fisso anche tutti i pomeriggi per la sua consueta partita a carte con i suoi sfidanti".
E’ con queste parole cariche di affetto che i gestori del bar Belgio di via Caduti per la Libertà, Carlo Lorenzini e Monica Consoli, hanno ricordato sui social la scomparsa di Mario Parachini. Un personaggio conosciuto in tutto il rione Brabbia-Buzzurri e soprattutto al bar Belgio, dove era solito sedersi per giocare a carte e per chiacchierare con i titolari e gli avventori.
Un personaggio amato da tutti
"Qui nel rione il Mario Rùss era un personaggio amato da tutti - dicono i gestori del bar, Carlo e Monica - in tanti lo ricordano per le numerose edizioni del Torneo della Chiesetta a cui ha partecipato in prima persona e in tanti anche per le gare del Gonfalone a cui ha preso parte, soprattutto per quanto riguarda le competizioni di tiro alla fune. Mario veniva qui da noi alla mattina per il caffè, era spiritoso e portava sempre l’allegria. Era anche molto rumoroso e a volte diceva qualche parola di troppo, ma era estremamente sensibile e soprattutto sapeva essere un gran signore, specie con le donne".
L'affetto della nipote Alice
In tanti hanno espresso il proprio cordoglio sui social e di persona al funerale, celebrato venerdì 13 giugno nella chiesa di Santa Maria d’Egro. Parachini aveva 85 anni e nella vita ha sperimentato numerosi mestieri: dalle fonderie in cui lavorava da giovanissimo, al trasporto di merci su camion, fino all’esperienza da commerciante al mercato della frutta e della verdura e a quella come muratore per i lavori domestici. Lascia i figli Angelo e Sabrina, la nuora Roberta, il genero Filippo e l’amata nipote Alice con il compagno Gianluca. E proprio per l’amata nipote, “il Rùss” rappresentava un vero e proprio punto di riferimento. "Se dovessi dire che cosa mi ha trasmesso il nonno con il suo insegnamento di vita - dice la nipote Alice Antamati - direi innanzi tutto una grandissima voglia di vivere. Il nonno ha dovuto affrontare un periodo di malattia davvero tosto, ma non si è mai fatto abbattere dalle difficoltà. Si è sforzato fino all’ultimo di non perdere il ritmo della sua quotidianità. Dopo una seduta di chemioterapia capitava di vederlo andare al bar o a mangiare al ristorante, come se nulla fosse. Mi ha insegnato che nella vita bisogna sapersi buttare senza fare troppi calcoli, perché la cosa più importante è essere felici. E poi mi ha insegnato a sorridere sempre, anche nelle difficoltà. Anche se all’esterno non appariva così, visto che spesso urlava e aveva un carattere duro, sapeva essere anche molto sensibile e me lo ha dimostrato in mille modi durante la mia vita. Amava il suo orto e gli animali, gli piaceva informarsi attraverso i giornali e leggere, ma sopra a ogni cosa amava in modo viscerale il suo Torino, la squadra del suo cuore, e anche il buon cibo, che gustava rigorosamente andando a mangiare al ristorante. Ha anche provato a trasmettermi la sua passione per il Toro, portandomi allo stadio quando ero piccolina, ma è riuscito a rendermi al massimo una simpatizzante per i colori granata. Il calcio per lui era più di uno sport: era una dimensione da vivere con tutta la passione del mondo. Ricordo che mi diceva sempre che quando partecipava ai Tornei della Chiesetta il suo compito non era fare gol: era fermare l’attaccante più forte della squadra avversaria. E se per farlo doveva usare dei “colpi proibiti”, lo faceva senza pensarci".