Riapertura dei Navigli: se n'è parlato con l'Ordine degli architetti di Novara e Vco
Si è discusso del progetto e delle ricadute dell’intervento sull’intera Pianura Padana e oltre i confini del Paese, fino in Svizzera

Tanti gli spunti di riflessione lanciati dal convegno “Riaprire i Navigli. Per un nuovo paesaggio urbano” svoltosi nella sede dell’Ordine degli Architetti PPC delle Province di Novara e del VCO che ha promosso l’evento.
Progetto di riapertura dei navigli
Dopo il saluto di Francesco Bosco, consigliere dell’Ordine, e l’introduzione di Matteo Gambaro, docente del Politecnico di Milano, hanno preso la parola Roberto Biscardini (presidente dell’Associazione Riaprire i Navigli), Maurizio Ori (architetto del paesaggio) e Niccolò Salvioni (presidente dell’Associazione Locarno Milano Venezia).
Dal progetto per la riapertura dei Navigli nella città di Milano alle ricadute dell’intervento sull’intera Pianura Padana e oltre i confini del Paese, fino in Svizzera.
Gambaro ha spiegato la scelta di organizzare il convegno a Novara, «terra segnata da una forte presenza dell’acqua». E ha poi introdotto il tema della riapertura dei Navigli a Milano, argomento più che mai aperto: sul tavolo due interventi, uno più semplice e l’altro più grande. Sono costosi ma la città può metterli in conto. È una questione di volontà politica».
Biscardini, già docente al Politecnico di Milano, parte dal «sistema policentrico lombardo in cui è inclusa anche Novara. La chiusura dei Navigli, che data dal 1929 agli anni ’60 e ’70, ha determinato una ferita in Milano, città d’acqua. Il nostro è un progetto urbano che riguarda il paesaggio ma è anche regionale: non avrebbe senso se fosse una operazione pittoresca. Non è un’opera di architettura per il centro storico, ma un’opera di infrastruttura: il progetto di 8 chilometri riguarda il collegamento della Martesana con la darsena. È infrastrutturale perché si tratta di ricostruire un itinerario idraulico per connettere reti e garantire la navigabilità. Così si andrebbe dal lago a Milano. Teoricamente non è opera difficile e le intersezioni con la metropolitana sono garantite. La speculazione edilizia è stata la vera ragione di chiusura dei Navigli: noi non vogliamo tornare indietro, ma progettare canali moderni che valgano per il futuro».
Ori ha declinato il tema incrociandolo con l‘importante occasione offerta dal progetto, «produrre energia alternativa, riqualificare il paesaggio e favorire il controllo delle crisi climatiche. Lavorare sul sistema di acque vuol dire rivitalizzare i canali».
Con Salvioni il discorso è andato oltre confine: «La pressione dai laghi può aiutare il progetto a mettersi in moto. Se lo Stato non
investe non lo fa neanche il privato». Dal trasporto di persone e turisti all’idea di sviluppare la navigabilità a idrogeno: «La politica italiana ed elvetica, insieme al Canton Ticino e alle regioni interessate, possono svolgere un ruolo cruciale in questa transizione. Un approccio integrato potrebbe contribuire a diminuire le emissioni di gas serra, migliorare l’efficienza energetica e promuovere un sistema di navigazione interna più efficace, pulito e resiliente».