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L’Aids non si ferma, Novara più a rischio

NOVARA - Oltre 400 ragazzi hanno gremito l’aula magna dell’Università del Piemonte Orientale per seguire il convegno che celebrava la giornata mondiale della lotta all’Aids. Dopo il saluto del vicesindaco di Novara, Angelo Sante Bongo che, da medico, ha sottolineato l’importanza dell’informazione e della comunicazione soprattutto verso i giovani, è toccato a Gabriella Colla, dell’Ufficio scolastico regionale, porre la prima riflessione , attraverso una drammatica esperienza personale: «Ho perso un cugino a soli 30 anni, ucciso dall’Aids. Un ragazzo d’oro che ha preso una serie di decisione sbagliate che sono costate care, carissimo. Ragazzi, attenzione l’Aids non è uno scherzo, un atteggiamento superficiale può trasformarsi in una condanna a vita».
Moderati da Sandro Devecchi del Corriere di Novara, si sono succeduti gli oratori che hanno posto l’accento su tutti gli aspetti dell’Hiv e delle sue drammatiche conseguenze.
Il presidente della scuola di Medicina Upo, Marco Krengli, ha introdotto le relazioni prettamente mediche, sottolineando la diffusione del virus e il continuo progresso in campo medico. «L’Italia - ha detto - attualmente è in tredicesima posizione in Europa».
Le ostetriche Rita Pedroni, referente del Dipartimento Materno Infantile dell’Asl No, e Arianna Ferrario (attualmente in servizio a Vimercate) non hanno usato mezze misure. La prevenzione è fondamentale nella lotta contro l’Aids. «Soprattutto quando il problema investe gli adolescenti che, nonostante i molti mezzi d’informazione che hanno a disposizione, spesso si affidano a Internet, ma senza aver la capacità di distinguere l’informazione seria dalle bufale». Un ruolo importante, per non dire decisivo, ricopre anche la scuola, che «dovrebbe garantire un maggiore spazio informativo». Insomma conoscere il virus, sapere la differenza tra sieropositivo e malato di Aids, e, soprattutto, sapere come si trasmette e conoscere il modo per evitarne il contagio. Ovvero prevenzione.
Gianni Rizzo, responsabile dell’ambulatorio Hiv e delle sindromi correlate, non nasconde la tristezza quando parla di un ragazzino che si è spento nel suo reparto a 14 anni: «Sono passati vent’anni, ma non riesco a dimenticarlo». I tempi sono cambiati. Prima era la droga il veicolo principale dell’infezione, ora, invece, sono i rapporti etero e omosessuali. Quest’anno i caso in Italia i nuovi casi sono 3451, in diminuzione, ma i casi conclamati sono 69.000 (rispetto ai 57mila del 2006) e 44.254 i decessi».
Olivia Bargiacchi, dirigente medico della struttura complessa Malattie infettive dell’Ospedale, ha ricordato i dati piemontesi e novaresi. In Piemonte ogni anno circa 300 piemontesi scoprono di aver contratto l’Hiv. A Novara i dati sono allarmanti: «Abbiamo assistito nel 2016 ad un’incidenza di 8,7 nuovi casi ogni 100mila abitanti, mentre la media regionale è solo del 5,8.
Clarissa Brusati
Moderati da Sandro Devecchi del Corriere di Novara, si sono succeduti gli oratori che hanno posto l’accento su tutti gli aspetti dell’Hiv e delle sue drammatiche conseguenze.
Il presidente della scuola di Medicina Upo, Marco Krengli, ha introdotto le relazioni prettamente mediche, sottolineando la diffusione del virus e il continuo progresso in campo medico. «L’Italia - ha detto - attualmente è in tredicesima posizione in Europa».
Le ostetriche Rita Pedroni, referente del Dipartimento Materno Infantile dell’Asl No, e Arianna Ferrario (attualmente in servizio a Vimercate) non hanno usato mezze misure. La prevenzione è fondamentale nella lotta contro l’Aids. «Soprattutto quando il problema investe gli adolescenti che, nonostante i molti mezzi d’informazione che hanno a disposizione, spesso si affidano a Internet, ma senza aver la capacità di distinguere l’informazione seria dalle bufale». Un ruolo importante, per non dire decisivo, ricopre anche la scuola, che «dovrebbe garantire un maggiore spazio informativo». Insomma conoscere il virus, sapere la differenza tra sieropositivo e malato di Aids, e, soprattutto, sapere come si trasmette e conoscere il modo per evitarne il contagio. Ovvero prevenzione.
Gianni Rizzo, responsabile dell’ambulatorio Hiv e delle sindromi correlate, non nasconde la tristezza quando parla di un ragazzino che si è spento nel suo reparto a 14 anni: «Sono passati vent’anni, ma non riesco a dimenticarlo». I tempi sono cambiati. Prima era la droga il veicolo principale dell’infezione, ora, invece, sono i rapporti etero e omosessuali. Quest’anno i caso in Italia i nuovi casi sono 3451, in diminuzione, ma i casi conclamati sono 69.000 (rispetto ai 57mila del 2006) e 44.254 i decessi».
Olivia Bargiacchi, dirigente medico della struttura complessa Malattie infettive dell’Ospedale, ha ricordato i dati piemontesi e novaresi. In Piemonte ogni anno circa 300 piemontesi scoprono di aver contratto l’Hiv. A Novara i dati sono allarmanti: «Abbiamo assistito nel 2016 ad un’incidenza di 8,7 nuovi casi ogni 100mila abitanti, mentre la media regionale è solo del 5,8.
Clarissa Brusati
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NOVARA - Oltre 400 ragazzi hanno gremito l’aula magna dell’Università del Piemonte Orientale per seguire il convegno che celebrava la giornata mondiale della lotta all’Aids. Dopo il saluto del vicesindaco di Novara, Angelo Sante Bongo che, da medico, ha sottolineato l’importanza dell’informazione e della comunicazione soprattutto verso i giovani, è toccato a Gabriella Colla, dell’Ufficio scolastico regionale, porre la prima riflessione , attraverso una drammatica esperienza personale: «Ho perso un cugino a soli 30 anni, ucciso dall’Aids. Un ragazzo d’oro che ha preso una serie di decisione sbagliate che sono costate care, carissimo. Ragazzi, attenzione l’Aids non è uno scherzo, un atteggiamento superficiale può trasformarsi in una condanna a vita».
Moderati da Sandro Devecchi del Corriere di Novara, si sono succeduti gli oratori che hanno posto l’accento su tutti gli aspetti dell’Hiv e delle sue drammatiche conseguenze.
Il presidente della scuola di Medicina Upo, Marco Krengli, ha introdotto le relazioni prettamente mediche, sottolineando la diffusione del virus e il continuo progresso in campo medico. «L’Italia - ha detto - attualmente è in tredicesima posizione in Europa».
Le ostetriche Rita Pedroni, referente del Dipartimento Materno Infantile dell’Asl No, e Arianna Ferrario (attualmente in servizio a Vimercate) non hanno usato mezze misure. La prevenzione è fondamentale nella lotta contro l’Aids. «Soprattutto quando il problema investe gli adolescenti che, nonostante i molti mezzi d’informazione che hanno a disposizione, spesso si affidano a Internet, ma senza aver la capacità di distinguere l’informazione seria dalle bufale». Un ruolo importante, per non dire decisivo, ricopre anche la scuola, che «dovrebbe garantire un maggiore spazio informativo». Insomma conoscere il virus, sapere la differenza tra sieropositivo e malato di Aids, e, soprattutto, sapere come si trasmette e conoscere il modo per evitarne il contagio. Ovvero prevenzione.
Gianni Rizzo, responsabile dell’ambulatorio Hiv e delle sindromi correlate, non nasconde la tristezza quando parla di un ragazzino che si è spento nel suo reparto a 14 anni: «Sono passati vent’anni, ma non riesco a dimenticarlo». I tempi sono cambiati. Prima era la droga il veicolo principale dell’infezione, ora, invece, sono i rapporti etero e omosessuali. Quest’anno i caso in Italia i nuovi casi sono 3451, in diminuzione, ma i casi conclamati sono 69.000 (rispetto ai 57mila del 2006) e 44.254 i decessi».
Olivia Bargiacchi, dirigente medico della struttura complessa Malattie infettive dell’Ospedale, ha ricordato i dati piemontesi e novaresi. In Piemonte ogni anno circa 300 piemontesi scoprono di aver contratto l’Hiv. A Novara i dati sono allarmanti: «Abbiamo assistito nel 2016 ad un’incidenza di 8,7 nuovi casi ogni 100mila abitanti, mentre la media regionale è solo del 5,8.
Clarissa Brusati
Moderati da Sandro Devecchi del Corriere di Novara, si sono succeduti gli oratori che hanno posto l’accento su tutti gli aspetti dell’Hiv e delle sue drammatiche conseguenze.
Il presidente della scuola di Medicina Upo, Marco Krengli, ha introdotto le relazioni prettamente mediche, sottolineando la diffusione del virus e il continuo progresso in campo medico. «L’Italia - ha detto - attualmente è in tredicesima posizione in Europa».
Le ostetriche Rita Pedroni, referente del Dipartimento Materno Infantile dell’Asl No, e Arianna Ferrario (attualmente in servizio a Vimercate) non hanno usato mezze misure. La prevenzione è fondamentale nella lotta contro l’Aids. «Soprattutto quando il problema investe gli adolescenti che, nonostante i molti mezzi d’informazione che hanno a disposizione, spesso si affidano a Internet, ma senza aver la capacità di distinguere l’informazione seria dalle bufale». Un ruolo importante, per non dire decisivo, ricopre anche la scuola, che «dovrebbe garantire un maggiore spazio informativo». Insomma conoscere il virus, sapere la differenza tra sieropositivo e malato di Aids, e, soprattutto, sapere come si trasmette e conoscere il modo per evitarne il contagio. Ovvero prevenzione.
Gianni Rizzo, responsabile dell’ambulatorio Hiv e delle sindromi correlate, non nasconde la tristezza quando parla di un ragazzino che si è spento nel suo reparto a 14 anni: «Sono passati vent’anni, ma non riesco a dimenticarlo». I tempi sono cambiati. Prima era la droga il veicolo principale dell’infezione, ora, invece, sono i rapporti etero e omosessuali. Quest’anno i caso in Italia i nuovi casi sono 3451, in diminuzione, ma i casi conclamati sono 69.000 (rispetto ai 57mila del 2006) e 44.254 i decessi».
Olivia Bargiacchi, dirigente medico della struttura complessa Malattie infettive dell’Ospedale, ha ricordato i dati piemontesi e novaresi. In Piemonte ogni anno circa 300 piemontesi scoprono di aver contratto l’Hiv. A Novara i dati sono allarmanti: «Abbiamo assistito nel 2016 ad un’incidenza di 8,7 nuovi casi ogni 100mila abitanti, mentre la media regionale è solo del 5,8.
Clarissa Brusati
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