Ecco le carte che accusano Wafa

Resta in carcere, a Milano, a San Vittore, Wafa Koraichi, la 24enne marocchina residente a Baveno destinataria una decina di giorni di una delle sei ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Dda meneghina per le ipotesi di reato di "partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale". All’interrogatorio di garanzia ha respinto tutte le accuse, sostenendo, sostanzialmente, di essere stata fraintesa in quei colloqui intercettati dagli inquirenti, e di essere stata “usata” da altri per fini a lei oscuri, e che comunque non condivide. Nell’ordinanza di arresto, però, c’è qualcun altro che appare come sorta di “vittima” della donna, o meglio, del suo (presunto) fondamentalismo o estremismo che dir si voglia, ovvero lo stesso marito Mahmed, e anche il padre Fakak, entrambi distanti dall’universo jihadista. Come noto, il gruppo era stato tradito da alcuni messaggi su WhatsApp, in particolari alcuni sms, della serie “Vai e colpisci Roma”, spediti da Mohamed Koraichi, 32enne marocchino (fratello di Wafa) che fino al 2015 viveva nel Lecchese, per poi partire per la Siria con la moglie italofrancese Alice Brignoli, detta “Aisha”, di 38 anni, e i loro tre figli di 7, 6 e 1 anno, per andare a combattere al fianco dell’Is (Islamic State). Destinatario il connazionale Abderrahim Moutaharrik, 28 anni, noto kickboxer residente a sua volta nel Lecchese ma intenzionato ad andare anche lui a combattere in Siria, insieme alla moglie 26enne Salma Bencharki e ai due figli di 4 e 2 anni. A preoccupare ulteriormente altri messaggi, che questa volta suonavano come una sorta di contrordine: “Rimani dove sei, colpisci in Italia… Roma, il Vaticano, l’Ambasciata israeliana”. Il blitz del Ros dei Carabinieri e del Dcpp della Polizia era scattato giovedì 28 aprile. Nel mirino Mohamed Koraichi e sua moglie Alice Brignoli, che però sono irrintracciabili (al fronte?) in Siria, mentre manette ai polsi al pugile Abderrahim Moutaharrik e a sua moglie Salma Bencharki, poi per la “bavenese” Wafa Koraichi, come detto sorella di Mohamed, e per Abderrahmane Khachia, 23 anni residente nel Varesotto, fratello del ben più noto Oussama Khachia, 30enne “foreign fighters” anni addietro espulso dall’Italia e poi morto a fine 2015 in Siria. Pare che Abderrahmane volesse seguire il suo esempio. Insomma, stando alle accuse, un gruppo intriso di Jihad, la Guerra Santa, pronto a colpire in Italia, come incitava il famoso (e delirante) “poema bomba”, inviato l’8 aprile sempre via WhatsApp da Mohamed Koraichi a Abderrahim Moutaharrik, il pugile che affrontava i ring con canotta “sponsorizzata” Is: “Caro fratello, ti mando il poema bomba, ascolta lo sceicco e colpisci nel Paese in cui ti trovi”.
La “bavenese” Wafa avrebbe messo in contatto gli altri del gruppo. Interrogata in carcere, come detto ha respinto tutte le accuse. Ma ad accusarla ci sono le intercettazioni.
Leggile sul “Corriere di Novara” di sabato 7 maggio.
Resta in carcere, a Milano, a San Vittore, Wafa Koraichi, la 24enne marocchina residente a Baveno destinataria una decina di giorni di una delle sei ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Dda meneghina per le ipotesi di reato di "partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale". All’interrogatorio di garanzia ha respinto tutte le accuse, sostenendo, sostanzialmente, di essere stata fraintesa in quei colloqui intercettati dagli inquirenti, e di essere stata “usata” da altri per fini a lei oscuri, e che comunque non condivide. Nell’ordinanza di arresto, però, c’è qualcun altro che appare come sorta di “vittima” della donna, o meglio, del suo (presunto) fondamentalismo o estremismo che dir si voglia, ovvero lo stesso marito Mahmed, e anche il padre Fakak, entrambi distanti dall’universo jihadista. Come noto, il gruppo era stato tradito da alcuni messaggi su WhatsApp, in particolari alcuni sms, della serie “Vai e colpisci Roma”, spediti da Mohamed Koraichi, 32enne marocchino (fratello di Wafa) che fino al 2015 viveva nel Lecchese, per poi partire per la Siria con la moglie italofrancese Alice Brignoli, detta “Aisha”, di 38 anni, e i loro tre figli di 7, 6 e 1 anno, per andare a combattere al fianco dell’Is (Islamic State). Destinatario il connazionale Abderrahim Moutaharrik, 28 anni, noto kickboxer residente a sua volta nel Lecchese ma intenzionato ad andare anche lui a combattere in Siria, insieme alla moglie 26enne Salma Bencharki e ai due figli di 4 e 2 anni. A preoccupare ulteriormente altri messaggi, che questa volta suonavano come una sorta di contrordine: “Rimani dove sei, colpisci in Italia… Roma, il Vaticano, l’Ambasciata israeliana”. Il blitz del Ros dei Carabinieri e del Dcpp della Polizia era scattato giovedì 28 aprile. Nel mirino Mohamed Koraichi e sua moglie Alice Brignoli, che però sono irrintracciabili (al fronte?) in Siria, mentre manette ai polsi al pugile Abderrahim Moutaharrik e a sua moglie Salma Bencharki, poi per la “bavenese” Wafa Koraichi, come detto sorella di Mohamed, e per Abderrahmane Khachia, 23 anni residente nel Varesotto, fratello del ben più noto Oussama Khachia, 30enne “foreign fighters” anni addietro espulso dall’Italia e poi morto a fine 2015 in Siria. Pare che Abderrahmane volesse seguire il suo esempio. Insomma, stando alle accuse, un gruppo intriso di Jihad, la Guerra Santa, pronto a colpire in Italia, come incitava il famoso (e delirante) “poema bomba”, inviato l’8 aprile sempre via WhatsApp da Mohamed Koraichi a Abderrahim Moutaharrik, il pugile che affrontava i ring con canotta “sponsorizzata” Is: “Caro fratello, ti mando il poema bomba, ascolta lo sceicco e colpisci nel Paese in cui ti trovi”.
La “bavenese” Wafa avrebbe messo in contatto gli altri del gruppo. Interrogata in carcere, come detto ha respinto tutte le accuse. Ma ad accusarla ci sono le intercettazioni.
p.v.
Leggile sul “Corriere di Novara” di sabato 7 maggio.