Ecco le lettere che incastrano Stentardo

NOVARA Incastrato da una serie di circostanze, oltre che dall’intuito dei Carabinieri, già impegnati, come noto, nelle indagini, andate a buon fine, sul delitto della “Calossa”, per il quale Salvatore Stentardo sta già scontando l’ergastolo rimediato in 1° grado. Emergono nuovi particolari sulla clamorosa svolta nel giallo del “compro oro”, che ha portato lo stesso Stentardo, pressato dai medesimi Carabinieri, a confessare di aver aggredito Ida Lagrutta, la sera del 18 novembre 2011 nel negozio di corso Risorgimento.
Una prima svolta si era avuta una settimana dopo l’aggressione, ovvero il 25 novembre, quando Stentardo fu arrestato perché sorpreso a portare illecitamente una pistola e a detenere una “non modica quantità di stupefacente”. Con lui, nella medesima occasione, era stata sorpresa e controllata la sua giovane amante (ovvero la oleggese poi indagata per favoreggiamento per aver aiutato l’uomo ad eludere le indagini sul “compro oro”). «Si scoprì - scrive il gip Angela Fasano nell’ordine di custodia cautelare - che proprio a quest'ultima Stentardo aveva poi scritto alcune lettere, nel corso della detenzione successiva all'arresto del 25/11/2011, contenenti un'esortazione alla giovane ad aver cura di un "bottino" procuratosi dal prevenuto prima del suo arresto. Inoltre lettere di tenore assai simile erano state scritte da Stentardo anche alla moglie separata». Dunque spunta la parola “bottino”. E a quel punto le prime intuizioni, i primi collegamenti. Fondamentale una lettera affrancata da Stentardo il 7 agosto 2012 e respinta al mittente, rinvenuta in carcere a Novara tra i suoi effetti personali, indirizzata alla giovane oleggese, il cui contenuto il “Corriere” è in grado di rivelare.
LE LETTERE
Scriveva Stentardo: ''Andremo al nostro albero (non ti interessa più?) e ognuno si prenderà le proprie “iniziali" e ci salutiamo, tenendo ben presente che quello che abbiamo fatto non si "cancella" con un ciao e arrivederci. Non pensare di scaricare tutto quel "peso" solo sul sottoscritto. Non ci pensare proprio (non si tratta di un po' d'erba come in Questura). Quel peso resta 50 x 50 se uno dei due affonda, affonda anche l'altro. Lo sapevi prima come lo sai ora, quindi non continuare a fare finta di niente, come se non fosse successo, ci siamo dentro tutte e due, ebbene che non lo scordi mai. Nel bene e nel male quell'albero (riferimento al punto dove venne nascosto il bottino, si apprenderà poi, ndr) ci lega per sempre e resterà il nostro segreto finché resterà anche il tuo. Penso che non devo aggiungere altro non mi sembra il caso .... omissis ... Quando tutto sembrava che ci andava storto, non avevamo nemmeno i soldi per un caffè, ho detto basta! Il resto lo sai .... omissis. .. P.s. Ti chiedo un favore e almeno una volta fai qualcosa di buono per me. Hai la mia ''attrezzatura'' sai che per me è importante, se non vuoi tenerla per favore mettila da qualche parte al sicuro, dove un giorno io possa recuperarla senza problemi, ci conto amore, e ancora una volta perché mi fai questo!!!”.
La giovane, messa alle strette per avere chiarimenti al riguardo, a dicembre 2014 rammentò le fasi del colpo al “compro oro”: lei aspettò in auto ignara, salvo poi apprendere di un bottino che i due andarono a nascondere nei boschi di Oleggio, oltre la “Calossa” , ai confini con Pombia.
Nella sua confessione Stentardo spiegò: «La refurtiva (preziosi, orologi, contante, ndr) io la nascosi nei boschi vicino ad Oleggio… io quella refurtiva non l'ho più vista. Io la sotterai la notte stessa». La ragazza «non vide dove sotterrai tali oggetti. Ricordo che li avvolsi in una busta tipo del Carrefour. Io comunque non scavai una buca profonda sapendo che comunque sarei dovuto tornare a prenderli». Chi conosceva il posto esatto? «Spiegai a mia moglie dove era nascosta la refurtiva ma lei non l'ha mai trovata. Non so se è andata da sola. lo comunque non le dissi da dove tale roba arrivava». I due, due giorni prima del delitto Milani (13 settembre 2014), andarono insieme a cercarla: «Io anni e anni prima (appunto nel novembre 2011, ndr) nel bosco avevo nascosto qualcosa, un bottino che lei non era mai riuscita a trovare. io le dissi di pazientare a quando sarei stato scarcerato ma lei insisteva e quindi andammo lì dove però non trovammo nulla». La moglie fece ritorno a Novara, Stentardo rimase nei boschi per poi finire, purtroppo, alla “Calossa”.
Sempre dal carcere , il 24 novembre 2013, aveva scritto una lettera alla moglie (ma non spedita) con questa frase: "Riguardo all'eredità quello che avevo da dirti te l'ho detto”. Cosa intendeva dire a sua moglie? «Mi riferivo a questo bottino di cui si è parlato sopra».
Paolo Viviani
leggi il servizio integrale sul Corriere di Novara in edicola
NOVARA Incastrato da una serie di circostanze, oltre che dall’intuito dei Carabinieri, già impegnati, come noto, nelle indagini, andate a buon fine, sul delitto della “Calossa”, per il quale Salvatore Stentardo sta già scontando l’ergastolo rimediato in 1° grado. Emergono nuovi particolari sulla clamorosa svolta nel giallo del “compro oro”, che ha portato lo stesso Stentardo, pressato dai medesimi Carabinieri, a confessare di aver aggredito Ida Lagrutta, la sera del 18 novembre 2011 nel negozio di corso Risorgimento.
Una prima svolta si era avuta una settimana dopo l’aggressione, ovvero il 25 novembre, quando Stentardo fu arrestato perché sorpreso a portare illecitamente una pistola e a detenere una “non modica quantità di stupefacente”. Con lui, nella medesima occasione, era stata sorpresa e controllata la sua giovane amante (ovvero la oleggese poi indagata per favoreggiamento per aver aiutato l’uomo ad eludere le indagini sul “compro oro”). «Si scoprì - scrive il gip Angela Fasano nell’ordine di custodia cautelare - che proprio a quest'ultima Stentardo aveva poi scritto alcune lettere, nel corso della detenzione successiva all'arresto del 25/11/2011, contenenti un'esortazione alla giovane ad aver cura di un "bottino" procuratosi dal prevenuto prima del suo arresto. Inoltre lettere di tenore assai simile erano state scritte da Stentardo anche alla moglie separata». Dunque spunta la parola “bottino”. E a quel punto le prime intuizioni, i primi collegamenti. Fondamentale una lettera affrancata da Stentardo il 7 agosto 2012 e respinta al mittente, rinvenuta in carcere a Novara tra i suoi effetti personali, indirizzata alla giovane oleggese, il cui contenuto il “Corriere” è in grado di rivelare.
LE LETTERE
Scriveva Stentardo: ''Andremo al nostro albero (non ti interessa più?) e ognuno si prenderà le proprie “iniziali" e ci salutiamo, tenendo ben presente che quello che abbiamo fatto non si "cancella" con un ciao e arrivederci. Non pensare di scaricare tutto quel "peso" solo sul sottoscritto. Non ci pensare proprio (non si tratta di un po' d'erba come in Questura). Quel peso resta 50 x 50 se uno dei due affonda, affonda anche l'altro. Lo sapevi prima come lo sai ora, quindi non continuare a fare finta di niente, come se non fosse successo, ci siamo dentro tutte e due, ebbene che non lo scordi mai. Nel bene e nel male quell'albero (riferimento al punto dove venne nascosto il bottino, si apprenderà poi, ndr) ci lega per sempre e resterà il nostro segreto finché resterà anche il tuo. Penso che non devo aggiungere altro non mi sembra il caso .... omissis ... Quando tutto sembrava che ci andava storto, non avevamo nemmeno i soldi per un caffè, ho detto basta! Il resto lo sai .... omissis. .. P.s. Ti chiedo un favore e almeno una volta fai qualcosa di buono per me. Hai la mia ''attrezzatura'' sai che per me è importante, se non vuoi tenerla per favore mettila da qualche parte al sicuro, dove un giorno io possa recuperarla senza problemi, ci conto amore, e ancora una volta perché mi fai questo!!!”.
La giovane, messa alle strette per avere chiarimenti al riguardo, a dicembre 2014 rammentò le fasi del colpo al “compro oro”: lei aspettò in auto ignara, salvo poi apprendere di un bottino che i due andarono a nascondere nei boschi di Oleggio, oltre la “Calossa” , ai confini con Pombia.
Nella sua confessione Stentardo spiegò: «La refurtiva (preziosi, orologi, contante, ndr) io la nascosi nei boschi vicino ad Oleggio… io quella refurtiva non l'ho più vista. Io la sotterai la notte stessa». La ragazza «non vide dove sotterrai tali oggetti. Ricordo che li avvolsi in una busta tipo del Carrefour. Io comunque non scavai una buca profonda sapendo che comunque sarei dovuto tornare a prenderli». Chi conosceva il posto esatto? «Spiegai a mia moglie dove era nascosta la refurtiva ma lei non l'ha mai trovata. Non so se è andata da sola. lo comunque non le dissi da dove tale roba arrivava». I due, due giorni prima del delitto Milani (13 settembre 2014), andarono insieme a cercarla: «Io anni e anni prima (appunto nel novembre 2011, ndr) nel bosco avevo nascosto qualcosa, un bottino che lei non era mai riuscita a trovare. io le dissi di pazientare a quando sarei stato scarcerato ma lei insisteva e quindi andammo lì dove però non trovammo nulla». La moglie fece ritorno a Novara, Stentardo rimase nei boschi per poi finire, purtroppo, alla “Calossa”.
Sempre dal carcere , il 24 novembre 2013, aveva scritto una lettera alla moglie (ma non spedita) con questa frase: "Riguardo all'eredità quello che avevo da dirti te l'ho detto”. Cosa intendeva dire a sua moglie? «Mi riferivo a questo bottino di cui si è parlato sopra».
Paolo Viviani
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